Se qualcuno di voi stesse cercando l’album metal/hard rock dell’anno si allontani dai vari Queens of the Stone Age, Mastodon, Royal Blood e soliti noti. Lo troverà infatti in queste dodici tracce incise dall’ex country singer Chelsea Wolfe. Cinque album all’attivo, fra cui “Abyss” (2015), nel quale aveva già iniziato a frequentare da vicino suoni duri, sgraziati e profondi.

Questa volta la cantante di Sacramento decide di accompagnarsi al geniale e multitatuato Kurt Ballou dei Converge: il risultato è sconvolgente. La copertina del disco, che ritrae una Wolfe avvolta nel buio in mezzo a un infinito di luce bianca, rappresenta il contrario di ciò che andremo a sentire una volta schiacciato il tasto play sul lettore: una voce pura ed emozionante in mezzo a un abisso di distorsioni. L’effetto è quello già sperimentato un ventennio fa dai Deftones, senza la parte più debitrice all’hip-hop, con la differenza che qui il tutto è portato a livelli ancora più estremi.

Spun si apre in un tornado di feedback per lasciar spazio a un incredibile mondo fatto di bassi profondissimi, elettricità e melodie sognanti. Un mondo che farà compagnia all’ascoltatore per tutta la durata dell’ascolto. Brani secondari non ce ne sono, né negli intervalli strumentali (Strain e Welt), né negli incroci con l’elettronica di The Culling (con un incedere vertiginoso alla Nine Inch Nails a metà brano) o Offering. Segnaliamo anche il grohl nel finale di Vex, la tensione esplosa in Particle Flux, la dolcezza di Twin Fawn e il finale assordante di Scrape. Un capolavoro atipico.

Andrea Manenti