Di “Villains”, settimo disco in studio dei Queens of the Stone Age, se ne sta già parlando da mesi. In parte grazie all’azzeccata campagna pubblicitaria (massiccia, ma forse non esasperante com’era stata con la precedente fatica “…Like Clockwork”, di ormai ben quattro anni fa), in parte per (l’azzardata?) scelta di mettere in cabina di regia un personaggio come Mark Ronson, già al lavoro con popstar del calibro di Amy Winehouse, Bruno Mars o Lady Gaga. Se a questo sommiamo il fatto che i Queens sono una delle band rock più importanti di questo millennio, è facile capire il perché già dal giorno dell’uscita dell’album tanta gente si sia sentita in diritto di esprimere pareri più o meno positivi sulla svolta “ballabile” di Josh Homme e soci. Alcuni gridando al miracolo, altri (cito testualmente) dicendo: «Il nuovo QOTSA sembra un album di Lenny Kravitz».
Come al solito la verità (sempre che una verità ci sia) la si può tranquillamente trovare nel mezzo. “Villains” è infatti un disco onesto, ma lontano anni luce dai capolavori del passato “Songs for the Deaf” o “Rated R” e sentire Kravitz nel groove dei nove nuovi brani significa aver colto appieno la svolta “sexy” della band americana. Due sono gli aggettivi che vengono alla mente ascoltando l’album: grandioso (nel senso anche di pomposo) e decadente. Rock da stadio (il Bowie di “Let’s Dance”, l’Iggy di “Blah Blah Blah” o gli Stones di “Some Girls”) e il punk sinistro e fumettistico di Damned o Cramps (sentire Head Like a Haunted House), senza tralasciare i riff degli Zeppelin (The Evil Has Landed) e un poco di lentezza (ma non pesantezza a questo giro) sabbathiana (la conclusiva Villains of Circumstance).
Aggiungiamo poi che l’ultimo QOTSA somiglia più agli apprezzati lavori da produttore di Homme (“Humbug” degli Arctic Monkeys e il bellissimo “Post Pop Depression” dell’Iguana), che a quelli vecchi della sua band. Il tutto poi sapientemente filtrato in massicce dosi pop. Che sia un bene o un male, ai posteri l’ardua sentenza.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman