Mr. Osterberg dixit: “Mi sento come se dovessi chiudere bottega dopo questo disco. Per fare un disco come si deve devi davvero metterci tutto quello che hai e a questo punto l’energia è limitata”. Due quindi le osservazioni: la prima è che se questo fosse veramente l’ultimo album del rocker di Detroit, il nostro ci lascerebbe con un gran disco. La seconda è che in questo “Post Pop Depression” l’Iguana ci ha messo davvero tutto quello che ha, cioè melodia, energia, una carriera pluridecennale da cui pescare a piene mani, nostalgia e poesia.
L’album, il ventitreesimo lavoro in studio contando anche i dischi con gli Stooges, è stato autofinanziato e coadiuvato da un certo Josh Homme (Queens of the Stone Age), il quale a sua volta ha voluto come aiutanti il compagno di band Dean Fertita e Matt Helders degli Arctic Monkeys. Tracce (nell’atmosfera musicale generale) di queste band (e soprattutto degli ultimi lavori di queste band) si possono quindi apprezzare durante l’ascolto dei nove brani in scaletta, i quali comunque rimangono al 100 % brani di Iggy e di nessun altro.
L’introduzione è strepitosa grazie ai due singoli Break Into Your Heart e Gardenia: pop sghembo, romantico e lussureggiante che dà la direzione all’intero album recuperando il periodo d’oro dell’Iggy Pop solista, quello del post punk di “The Idiot”, del capolavoro “Lust for life” e del sottovalutato “New Values”. American Valhalla ha un non so che di orientale (vedasi l’ormai storica China Girl), In the Lobby ricorda nelle sonorità i Dum Dum Boys da poco scomparsi (sempre sia gloria agli Asheton), Sunday è una corsa danzante che ha come meta il bellissimo finale orchestrale, mentre Vulture è blues come solo l’Iguana sa e può fare (perfetta continuazione di brani come I Need Somebody e i meno conosciuti ‘Til Wrong Feels Right del 2003 e Nice to Be Dead del 2009).
German Days saluta il compagno dei tempi che furono David Bowie (già omaggiato nell’incipit di Gardenia, in cui Sound and Vision del Duca Bianco è appena dietro l’angolo), Chocolate Drops è la ballata da crooner che abbiamo già imparato ad apprezzare con “Après”, mentre la conclusiva Paraguay è di rara intensità e ci lascia con un Iggy che non declamava così dai tempi di “Ceasar” (1993).
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman