Emily Underhill, aka Tusks, è una compositrice e producer inglese, con base a Londra, di musica indie elettronica. La sua produzione è caratterizzata da atmosfere intense, malinconiche e lisergiche, che prendono forma attraverso la sua voce calda e avvolgente.
Il suo ultimo album, “Avalanche”, segue a distanza di un paio d’anni l’uscita di “Dissolve”, che aveva conquistato i giudizi positivi di pubblico e critica e che vanta singoli con milioni di stream su Spotify.
Difficile quindi ripetersi, soprattutto se il cammino verso la realizzazione del nuovo disco si rivela pieno di avversità: nel gennaio 2018, l’artista subì una grave frattura al gomito che ha rischiato di allontanarla per sempre dalle scene. «Mi preparai psicologicamente all’idea che non avrei più potuto suonare decentemente il pianoforte o la chitarra», ricorda oggi Tusks.
Dopo due interventi, tanta riabilitazione e un viaggio in Islanda (come testimonia la copertina con la particolare elaborazione della cascata di Svartifoss, nel Sud dell’Islanda), “Avalanche” era pronto. Non poteva esserci titolo migliore per esprimere tutta la carica e la voglia di rinascita che caratterizzano questo nuovo lavoro.
I brani sono molto personali e intensi, affrontando tematiche ostili come la salute mentale e il sessismo, enfatizzati dalle melodie dei synth e dalla voce soave di Emily, che verrà apprezzata dai simpatizzanti della cantautrice svedese Lykke Li. I beat elettronici, più sfrontati del precedente disco, seducono combinati ai motivi più distorti e ammiccano a richiami indie pop mai banali.
L’influenza di gruppi come Sigur Ros, Daughter e Cinematic Orchestra è sempre palpabile, ma in questo album Tusks si lascia anche contagiare da sonorità più vicine a gruppi come Foals e Wolf Alice. Infine, cori e tamburi soffusi danno un tocco di solennità e drammaticità in stile Lana Del Rey, che fanno trasparire tutta la fragilità interiore dell’artista.
“Avalanche” si presenta come un prodotto più maturo rispetto al suo predecessore, un lavoro raffinato e pregno di suggestione emotiva, dove nulla sembra fuori posto.
Stefano Sordoni

Mi racconto in una frase: A mio agio nel disagio
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica: Circolo Magnolia (Milano), Santeria Toscana 31 (Milano), Circolo Ohibò (Milano).
Il primo disco che ho comprato: Jamiroquai – Travelling Without Moving
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Beatles – White Album
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: Ascolto musica da sempre, in qualsiasi situazione, costantemente. Mi piace creare delle playlist adatte per ogni situazione. Ricordo quando da bambino si affrontavano viaggi interminabili verso il Sud della Puglia, nella vecchia Simca di mio padre: facevo ascoltare a ripetizione una sola cassetta, “Money for Nothing” dei Dire Straits, la mia preferita tra quelle presenti in auto e soprattutto quella che per me era diventata la colonna sonora dell’inizio delle vacanze estive. Ricordo anche la mia tristezza quando un giorno mio padre mi disse che il nastro si era incastrato nel lettore, rovinandosi definitivamente e inesorabilmente. Col senno di poi forse aveva semplicemente rotto le palle.