Ezra Furman, pirotecnico folletto rock d’oltreoceano, ha compiuto fra il precedente lavoro “Perpetual Motion People” e questo nuovo “Transangelic Exodus” (a onor del vero in mezzo anche l’ottimo EP “Big Fugitive Life”) lo stesso passaggio interiorizzante che ci fu fra “Transformer” e “Berlin” del padre putativo Lou Reed. Il frontman di origine ebraica sembra infatti scavare dentro i suoi demoni, là dove prima venivano esteriorizzati e trasformati in una musica gioiosa e dai mille colori.

Il colore imperante del nuovo Ezra Furman è invece il nero o il viola. “Transangelic Exodus” inizia con Suck The Blood From My Wound: riff ricalcato sulla velvetiana Sweet Jane, giretto d’organo, ottima melodia, ma anche tanta disperazione che porta dritti dritti al finale sfasato ed urlato. Il primo singolo è Driving Down To L.A., ballad industrial con tanto di video forte ed omicida; God Lifts Up The Lowly chiude la tripletta iniziale con un folk dagli archi imperante, novità utilizzata in modo più solare anche su Love You So Bad.

No Place e The Great Unknown sono epiche, marziali ed esasperanti, così come Compulsive Liar e From A Beach House, introspettive e a tratti infernali. La simpatica Maraschino-Red Dress $8.99 at Goo è forse il brano che più si avvicina al garage di antica memoria del nostro, mentre in Come Here Get Away From Me, blues spogliato d’ogni orpello scritto con il fantasma di Tom Waits al proprio fianco, si giunge forse al punto più alto dell’intero album. Peel My Orange Every Morning è un bozzetto folk assordante, Psalm 151 l’anima soul. Il finale è affidato alla dichiarazione d’intenti I Lost My Innocence, in verità la canzone più in sintonia con il glamour di quell’Ezra passato anche per l’Italia solo un anno fa (qui il nostro report).

Andrea Manenti