ezraEzra Furman è un supereroe. Non salverà certo le sorti del pianeta, ma è sulla buona strada per salvare quel che resta di certo garage-pop di stampo americano. Per completare la sua missione, può contare su un potere straordinario: sputa in faccia alla realtà con autoironia, come faceva il primissimo Bowie di “Little toy soldier” e “The laughing gnome”. Non solo. Come il compianto Ziggy, al quale Ezra si ispira senza vergogna nelle sue incursioni glam e nella maschera androgina, ha la grande capacità di trasmettere quel senso di mesta comicità che è tipica del provocatore. “Big fugitive life”, il suo ultimo Ep, non fa eccezione. Anzi, ne esalta il fascino in un naturale sequel di quel piccolo capolavoro che è stato “Perpetual motion people” del 2015.

Apre le danze un nuovo potenziale cavallo di battaglia, “Teddy I’m ready”. Primo minuto di chitarra e voce, gonfio di paure e speranze disilluse (“I think I might do something drastic if they don’t let me go away from it all, but I can’t afford a jet plane and the price of gas is high”). Poi il pezzo si accende sulla falsariga di uno standard suonato da Woody Guthrie o Ramblin’ Jack Elliot, ritrovando certezze che sembravano ormai perse (“I can see now, she’s an angel, flying in my bedroom window. I’m ready to rock and roll!”). Nella doppietta successiva, “Halley’s comet” e “Little piece of trash”, Ezra ricomincia a giocare accompagnato dal sax, con lo stesso piglio adolescenziale di Ariel Pink. “Penetrate” e “Spalsh of light” sono preghierine folk che ci riportano con i piedi per terra e lo sguardo all’insù. Ma è nella conclusiva “The refugee” che l’ex leader degli Harpoons, ebreo che non dimentica, raggiunge la sua vetta autoriale rivangando gli orrori della guerra. Qui sì, Furman ricorda il miglior Dylan, prendendosi per una volta davvero sul serio.

Sarà pure un Ep, ma in questo nuovo lavoro non si intravedono punti deboli. Al contrario, tutti i colpi vanno a segno e ognuna delle sei tracce entra in testa con facilità disarmante. Le potrete apprezzare live a Milano il prossimo 6 novembre al Circolo Magnolia.

Paolo Ferrari