“Nei temporali estivi…”.
Puoi iniziare un disco dicendo “nei temporali estivi”?
Sì, puoi. Anche sei mi fai salire un Sapore di Mare dell’83 con Jerry Calà, Capannina a Forte dei Marmi e amori di fuoco d’agosto già finiti a settembre.
Vabbè, raccogliamo i pezzi e andiamo avanti. La traccia incriminata, la prima, quella dei temporali estivi, si chiama Giorni Buoni. Che se non ho capito male sarebbero quelli in cui ti fa male il cuore per lei. Il pezzo è bello e un po’ di malinconia te la fa venire. …cci vostra.

E pure la seconda traccia è su una lei. Allora, Dimartino, parliamone n’attimo: capisco che l’80% delle canzoni prodotte dall’uomo trattino l’amore e i suoi derivati, però non è che posso star qui a sentire te che ti lamenti per dei normali effetti collaterali causati dal processo di accoppiamento. Distraiti con una partita di Coppa Uefa, vai al McDonald con gli amici a tapparti le ferite del cuore con i cheeseburger da un euro, insomma organizzati, non puoi passare il tempo a piangerti addosso sul mio Spotify.

Ma Dimartino non mi ascolta, e in Cuoreintero continua a lamentarsi dicendo che ha il cuore in mille pezzi, che vuole ripartire da zero per amarsi da solo, e un sacco di altre menate che dici quando sei al terzo negroni e piangi in discoteca perché tutti ballano ma tu pensi solo a lei che di te non ne vuole sapere… E insomma il pezzo sarà pure bello, però qualcuno regali una Playstation o un viaggio a Ibiza a ‘sto ragazzo, così mi si riprende e non ci pensa più.

Ma all’improvviso il Dimartino si scuote, mi si sveglia, e tira fuori un pezzo carino come Pesce d’Aprile, molto teen drama. Oh, nulla di memorabile eh, ma perlomeno non si lamenta più. E mi pare un bel passo avanti. Ma è solo una fiammata, una vana illusione, perché poi ricomincia con questo mood tipo “Dolori del giovane Werther” in salsa hipster. E tu sei lì che lo ascolti e stai per affettarti le gonadi quando senza alcun preavviso, di botto, arriva un pezzo come Ci Diamo Un Bacio. Ecco. Questo è un unicum all’interno del disco. Anzi, per quanto mi riguarda può essere tranquillamente il secondo singolo estratto dall’album.

Poi si ricomincia con roba melensa, dove i testi son scritti con dei luoghi comuni allucinanti pescati nell’universo indie: Mentana, liberarci dal male, dal mare, la svastica sul muro dei vicini, i piatti da lavare… Ma cos’è? Il quadernino dei testi di Calcutta trafugato? Non lo so. È un disco che ha alcuni bei pezzi e altri che proprio ti fanno rimpiangere i bei dischi di Pippo Franco e della sua corrente letteraria. E infatti, chiusa ‘sta recensione, mi sparo un po’ di Fiki Fiki di Gianni Drudi.

Marco Improta