Uno dei pochissimi vantaggi di questi primi sei mesi di musica del 2020 è quello di avere, forse, meno frenesia di fagocitare album, canzoni, deluxe edition, ristampe e concerti speciali, quelli poi… Così ci ritroviamo a dedicare qualche ascolto in più a dischi mutili di adeguata promozione, che godono però di una più genuina assimilazione e veritiero consumo, lontani dai giudizi degli strilloni di novità a mente poco fredda. Questo è il caso di uno dei progetti italiani sulla carta più intriganti dell’anno, che a un mese esatto dalla pubblicazione è possibile meglio giudicare: vale a dire “I Mortali” di Colapesce e Dimartino.
Gli album collaborativi tra artisti solisti, specie se cantautori, sembrano appartenere a un’epoca remota che ci riporta a “Banana Republic” di Dalla e De Gregori e altri illustri casi, delegati oggi se mai a markette della fauna hip hop. In un’epoca di featuring decisi a tavolino passando in rassegna i roster di tal casa discografica, trovarsi di fronte a una spontanea collaborazione tra artisti maturi, per quanto sempre odorata nell’aria, è sicuramente peculiare.
I due cantautori siciliani, più amici che colleghi, si sono spesso sfiorati sui palchi delle rassegne a tema o tra i crediti di qualche interprete, tuttavia senza produrre niente insieme a loro esclusiva firma. Se la gestazione del disco non è stata travagliata, la sua pubblicazione ha subito le problematiche ovvie per qualsiasi lavoro originariamente previsto per il periodo nero appena vissuto.
Dopo qualche slittamento, eccolo vedere la luce a inizio giugno, quasi come suggello di fine primavera, ma soprattutto inizio estate. Proprio un clima estivo da ricordo adolescenziale impregna tutto il disco, complice il fortunato singolo Luna Araba con Carmen Consoli (verrà risparmiato in questa sede il trito e ritrito link a Battiato e Tame Impala) e l’ottimo corto promozionale di accompagnamento che vede Colapesce e Dimartino scambiarsi comiche battute surreali tra una canzone e l’altra, immersi nell’ancestrale bellezza della loro terra su cui il sole fa piovere fuoco.
I testi sono l’aspetto che maggiormente sembra risaltare la bontà dell’operazione: i due portano in scena il loro bagaglio lirico scambiandosi formule tipiche dell’uno e dell’altro, a creare un effetto di quasi impercettibile alternanza vocale nei duetti. Prestate attenzione: i timbri vocali non si erano mai assomigliati tanto, per quanto uno possa aver ben chiaro nelle orecchie sia il repertorio di Colapesce che quello di Dimartino. L’alchimia di scrittura è quindi riuscita, specie nell’ottimo finale acustico di Majorana, nel quale l’uno sembra aver scritto per l’altro e viceversa.
Com’è lecito aspettarsi, musicalmente il disco non strabilia per innovazione, e tra un compromesso e l’altro sembra arretrare rispetto a quanto attentamente udito in “Afrodite” e “Infedele”, se non per Adolescenza Nera, che vanta la produzione di Mace giocata tra strofe punteggiate da inserti elettronici e ritornelli sottolineati da bellissimi arrangiamenti di cori e organi. Per il resto i brani, a esclusione di prologo con dialogo spoken che ironizza sui semestri della SIAE e il mestiere di cantautore (Il prossimo semestre) e il già citato epilogo, si dividono tra brani di tradizione italiana classica (Rosa e Olindo, L’ultimo Giorno e Luna Araba) e modernità internazionale (Cicale e Noia Mortale).
Durante il breve viaggio di poco più di trenta minuti, la gamma di sensazioni mnemoniche che i due riescono a far riaffiorare ha uno spettro ampio. Quasi ogni canzone riesce a regalare anche solo quel millesimo di secondo di piacevole già sentito che non guasta, cullando per pochi istanti flebili ricordi come quelli di un bel sogno dimenticato e che lì per lì non si riesce a contestualizzare, ma sai che sono piacevoli e nostalgici.
Non serve quindi avere sangue siculo nelle vene o anche aver trascorso qualche memorabile estate nell’Isola per potersi immedesimare in ciò che viene decantato ne “I Mortali”. Basta essere stati bene qualche volta nella propria vita. Queste canzoni sono in grado di ricordarcelo.
Andrea Fabbri

I miei tre locali preferiti per ascoltare musica: Circolo Magnolia (Milano), Biko (Milano), Santeria Toscana (Milano)
Il primo disco che ho comprato: Coldplay – X&Y
Il primo disco che avrei voluto comprare: Weezer – Blue Album