Alberto Bianco, in arte semplicemente Bianco, è recentemente tornato sulle scene con il suo quinto album solista. “Canzoni che durano solo un momento”, uscito per INRI e prodotto dallo stesso autore con l’aiuto di Tiziano Lamberti, segna un’ulteriore evoluzione del percorso del cantautore torinese, qui impegnato in nove brani dallo stile forse più genuinamente pop rispetto ai precedenti lavori. Un percorso iniziato dieci anni fa con “Nostalgina” e proseguito con “Storie del futuro”, “Guardando per aria”, il disco che più degli altri lo ha portato al successo, “Quattro” e il live “Tutto d’un fiato”.
“Canzoni che durano solo un momento” si fa notare anche per alcune importanti collaborazioni: Mattanza, in feauturing con Colapesce, fresco del successo a Sanremo in coppia con Dimartino; Morsa, cantata con il cantautore Dente; Saremo Giovani, in cui Bianco è affiancato dai Selton; Gomma, scritta con Andrea Bonomo, e infine Proiettile, nata dalla collaborazione con GNUT e Luca Carocci.
Il disco fisico verrà pubblicato il prossimo 19 maggio e conterrà un nuovo inedito in coppia con Niccolò Fabi, con il quale Bianco ha già a lungo suonato dal vivo. Abbiamo intervistato l’artista per sapere qualcosa di più su questo suo nuovo disco e chiedergli un’anticipazione sul brano con Fabi.
Paolo
Intervista a cura di Andrea Manenti
Il tuo nuovo lavoro, “Canzoni che durano solo un momento”, esce esattamente a dieci anni dal tuo esordio “Nostalgina”. Come è cambiata la tua vita in questo decennio? Com’è cambiato il tuo rapporto con la musica e con la tua etichetta, la INRI, che tra l’altro è nata proprio con il tuo primo album?
In questi 10 anni ho lavorato sodo. Quando sei così immerso in una cosa è difficile rendersi conto dei passi in avanti, poi quando mi fermo e mi guardo indietro sorrido e godo. Fare questo lavoro per dieci anni, con questa dedizione e passione credo sia un grande traguardo e una grande fortuna. È un’attività che ti permette di conoscere tante persone, tanti professionisti e di conoscere meglio anche te stesso. Dieci anni fa, quando ho iniziato, non avevo consapevolezza di tutto quello che mi avrebbe dato la musica e soprattutto non immaginavo che potesse darmi e togliermi tanto. Scrivo togliermi perché comunque gli alti e bassi di un percorso come il mio comprendono anche momenti di grande frustrazione in cui le debolezze sembrano scogli enormi da oltrepassare. Con INRI idem, non immaginavo che un rapporto professionale potesse trasformarsi una bella storia d’amore; in cui si litiga, ci si perdona, si festeggia e soprattutto ci si rispetta.
A differenza del precedente “Quattro”, “Canzoni che durano solo un momento” sembra più una raccolta di canzoni, ognuna con una sua chiara identità, che un’opera compiuta in sé. È così? Il tuo processo creativo nei due lavori è stato differente?
Pensa che quando ho portato i pezzi a Tiziano Lamberti, coproduttore del disco, mi ha detto: è un bellissimo varietà. Sono consapevole dell’eterogeneità delle canzoni e spero di essere riuscito a esprimere le mie varie facce in maniera fluida e coerente. Durante la scrittura di un disco, in questo caso due anni, i gusti evolvono e le idee si arricchiscono. Sarebbe da stronzi negare ciò, e la bellezza di essere liberi e indipendenti sta proprio nel poter scrivere in maniera sincera saltellando tra felicità e nostalgia, rabbia e amore.
Anche dal punto di vista prettamente musicale, i due album suonano molto diversi. Il precedente è più rock, più da band, questo invece è più spiccatamente un lavoro solista. Sempre che questa sensazione sia esatta, ciò può essere stato influenzato da questi due anni di pandemia, che hanno portato a sviluppare un tipo di lavoro sui brani diverso?
Sì, è cambiato molto. In “Canzoni che durano solo un momento” ho aperto le porte a diverse sonorità, non mi sono posto il limite di avere un comune denominatore se non la mia scrittura e la mia voce. Mi sono divertito molto a esplorare ritmi e armonie che non avevo ancora approfondito e mi sono lasciato molto trasportare dal mio stato d’animo un giorno dopo l’altro. Lavorare da solo, almeno nella prima fase, mi ha aiutato a misurarmi con quello che ho imparato in questi anni, e tutto ciò mi ha dato grande libertà creativa. Questo periodo mi ha dato anche molta lentezza che ho interpretato come un buon elemento per andare fino in fondo ad esperimenti sonori.
“Canzoni che durano solo un momento” ha molti ospiti. Com’è il tuo rapporto con loro? Sono amici di vecchia data che ti hanno voluto affiancare?
Sono tutti amici, chi di vecchia data chi un po’ meno, ma con tutti è stato bello lavorare e condividere idee e sensazioni. È stato emozionante sentirsi così vicini nonostante la distanza fisica.
Morsa, il brano con Dente, è reggae – dub. Come nasce la scelta di una canzone in levare?
Vivendo a Torino, patria di band come Africa Unite, Bluebeaters, Persiana Jones, il levare è un modo di suonare che ho incrociato moltissime volte. Non è la prima volta che gioco con questo genere e Morsa, essendo nata voce e chitarra già in levare, andava fatta così. Non mi va più di togliere alle canzoni la loro prima anima, che poi è quella che fa scattare quel colpo di fulmine necessario. Con l’aiuto di Paolo Baldini, per me uno dei più grandi in Italia a fare dub e reggae, la canzone si è arricchita passo dopo passo, ma mantenendo sempre la sua identità.
Saremo giovani, il brano con i Selton, si avvicina invece alla musica sudamericana. Che rapporto hai con la danza?
Io ballo, quasi sempre da solo perché mi mette in imbarazzo. In realtà anche sul palco mi muovo molto, ma ecco non vado tanto in discoteca. Parto spesso dal ritmo per scrivere una canzone. Mi piace che i pezzi abbiano sempre un forte impatto ritmico e forse è uno degli elementi su cui lavoro di più con Filippo Cornaglia, il batterista della band.
Infine sarà pubblicato il nuovissimo singolo con il tuo amico e collega Niccolò Fabi. Una collaborazione che prosegue anche in studio dopo l’esperienza live… Ci racconti com’è nato questo brano?
Era da anni che aspettavamo il pezzo giusto da condividere, da molto tempo volevamo fare qualcosa insieme in studio ma volevamo anche che fosse qualcosa di estremamente rappresentativo per tutti e due. Quando è arrivata Fantastico l’ho fatta ascoltare a Niccolò senza però chiedergli di partecipare. Era un po’ di tempo fa ed eravamo in macchina. Lui stava scrivendo “Tradizione Tradimento”, il suo ultimo disco, e mi ricordo che mi disse: “Ecco, una roba così…”. Poi sono passati quasi due anni in cui l’ho sempre tenuto aggiornato sull’avanzamento di “Canzoni che durano solo un momento” e questa rimaneva sempre la sua preferita, per cui un giorno gliel’ho mandata chiedendogli se gli andava di cantarne una parte. Non ti dico la gioia del momento in cui sono arrivate le sue take. Io e Tiziano Lamberti ci siamo guardati e non abbiamo detto niente, sapevamo di avere tra le mani una canzone speciale che con la partecipazione di Niccolò era diventata una perla preziosa straordinaria.
Come vedi l’ipotesi di un vero e proprio duo Fabi-Bianco sul modello di Colapesce e Dimartino?
Sarebbe sicuramente interessante, perché Niccolò ed io ci conosciamo molto bene da tutti i punti di vista. Ci lega innanzitutto una forte amicizia e grande stima reciproca e poi abbiamo gli stessi gusti musicali, forse è l’unico che ascolta musica ancora più triste di quella che ascolto io… eheheh. Però è un po’ troppo pignolo, mentre io sono un po’ punk, non so se in studio andrebbe tutto liscio… ehehehe
Come vedi il futuro musicale soprattutto per quanto riguarda i live? Tu hai dei piani in proposito?
Domanda da un milione di dollari… Sicuramente vedo un futuro. Questa estate suoneremo, non so ancora esattamente quanto, ma suoneremo. Ho voglia di portare questo disco sul palco e raccontarlo di persona alla gente. C’è molto da dire sulle canzoni che durano solo un momento e un tour sarebbe un bel sollievo in questo momento di merda. Lo sarebbe per tutti.
Photo Credit: Studio Pepe Giorgia Mannavola

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.