Dopo le due convincenti prove di “Masterpiece” (2016) e “Capacity” (2017), riecco i Big Thief. Riecco, soprattutto, l’inconfondibile voce di Adrianne Lenker.
“U.F.O.F.” era un disco molto atteso. Difficile pensare a un passo falso per la band newyorkese e, infatti, il passo falso non c’è stato. Tutt’altro.
Il lavoro dei ragazzi e della loro leader è infatti uno dei più pregevoli che questo 2019 ci abbia finora offerto. Le chitarre tessono raffinate trame ora circolari ora labirintiche, arpeggiate o pizzicate in acustico, in mero accompagnamento, mentre trovano maggiore profondità in elettrico (come nell’evocativa e tremendamente slowcore, Jenni). Basso e batteria lavorano sì nelle retrovie, ma in modo preciso, trascinante e mai invadente. La Lenker sussurra, bisbiglia, ma sa essere più grave e maestosa, come emozionarsi ed emozionare, senza mai cercare la giocata d’effetto. Stessa cosa fanno i sodali agli strumenti con arrangiamenti minimali quanto meticolosi, calzanti e a tratti perfetti.
L’armonia è sublime, la melodia ricercata (la coda del ritornello della title track U.F.O.F., poi, nel suo ricorrere è uno dei passaggi più magnetici degli ultimi tempi), le immagini traspaiono vivide nel loro essere a tratti immaginifiche e visionarie.
L’incedere è fluido, cadenzato, elegante, anche nei momenti più vivaci e vitali (Strange e il folk di Cattails, su tutti). Ci sono lavori per cui è bene non sprecare troppe parole, e limitarsi a caldeggiarne l’ascolto: quello dei Big Thief rientra a pieno merito in questa categoria.
Anban
