Andrew Bird ha registrato un album in una stalla, uno sul fondo di un canyon e un altro sulla riva di un fiume. Questa volta il nuovo album “My Finest Work Yet” è stato scritto in una settimana e registrato in un semplice studio. Ciò non toglie che il lavoro sia ricco di spunti interessanti e sonorità raffinate e colte. Sulla copertina del disco Bird si raffigura come nel famoso quadro di Jacques-Luis David “La morte di Marat”, un quadro che mi ha sempre trasmesso una certa inquietudine. Invece, in questo caso, la sensazione che mi trasmette il polistrumentista di Chicago è di assoluta tranquillità, seppure le tematiche trattate non siano poi così leggere.
Andrew Bird, che ha imparato a suonare il violino da autodidatta, suona la chitarra da vero folksinger e fischietta in modo così preciso da diventare un segno distintivo del suo canto. È proprio fischiettando che dà inizio all’album con il brano Sysyphus, che si riferisce al mito del re greco Sisifo, punito da Zeus per aver cercato di superare in astuzia gli dei e di ingannare la morte. La punizione a cui era stato sottoposto per aver osato sfidare gli dei consisteva nello spingere un masso dalla base alla cima di un monte, ma ogni volta che Sisifo raggiungeva la cima, il masso rotolava nuovamente ai piedi del monte. E così, per l’eternità, Sisifo avrebbe dovuto ricominciare da capo la sua scalata, senza mai riuscirci. Bird rivela che la traccia riguarda l’essere dipendenti dalla propria sofferenza e le conseguenze morali del lasciare andare il masso giù per la montagna; canta “Let it roll, let it crash down low”.
Il brano successivo, Bloodless, parla della guerra civile spagnola e della situazione politica americana con Trump al governo. Poi cambia totalmente registro con Olympians e poco dopo con la ballata Cracking Codes. In Proxy War si ritrovano sonorità più jazz e soul. Fallorun, tra le mie preferite, rimane un po’ più ritmata. Archipelago è un brano la cui principale struttura melodica è basata su Down Under Hyperion Bridge, un brano del suo album strumentale “Echolocations: River”. Manifest è un bel pezzo, tranquillo, in cui Bird tratta della nostra evoluzione da organismi unicellulari all’uomo moderno e poi lo porta oltre, post-mortem. Bellevue Bridge Club crea invece atmosfere più country e conclude l’album.
Ogni brano è musicalmente diverso dall’altro e mette in risalto la bravura dell’artista americano, meritevole di aver creato un disco che è un mix di sonorità pop che si confondono a quelle più folk, talvolta jazz e soul e country.
Mariangela Santella
