I Woods sono una band psych folk attiva dal 2004, un collettivo di musicisti in continuo fermento partiti dalle radici del folk e via via sempre più raffinati manifattori di bomboniere kraut. Registrato e mixato da Jarvis Taveniere al Panoramic House di Stinson Beach in California, “Perennial” vede il gruppo espandersi ancora una volta, presentando alcune delle loro produzioni più elaborate pur mantenendo il loro distintivo stile di scrittura. Nella band sono rimasti gli stessi Jeremy Earl, Jarvis Taveniere e John Andrews dispersi da un capo all’altro degli Stati Uniti. Il processo di scrittura del disco è iniziato con Earl che creava loop di tastiera, chitarra e batteria isolato nella sua stanzetta, loop diventati le fondamenta dell’album, con Taveniere e Andrews che piano piano scaravantano questi demo in nuove direzioni sonore. L’album comincia con una strumentale “The Seed” che detta l’atmosfera con chitarre surf, un organo tremolante e piccoli accenni di piano etereo e fiati. Circa a metà del brano l’arrangiamento spalanca le porte ad afrobeat e dub che avevano preso il sopravvento nel precedente disco “City Sun Eater in the River of Light“. Orchestrazioni sontuose non mancheranno a tutto il resto dell’album, con Mellotron à la Beatles e batterie semplici che vi si conficcheranno nella memoria come scheggie. “Perennial“è il dodicesimo album di una band esperta che veleggia verso il ventennale di carriera, un lavoro ispirato dal processo di loop di chitarra, tastiere e batteria che si sviluppa una sorta di meditazione sonica rituale. E’ una band che è riuscita a farsi un nome con il proprio stile senza sembrare mai ripetitiva, disco dopo disc e se riuscite a percepire la leggerezza di brani come “The Wind Again” e “Double Dream” capirete che stiamo parlando di un mondo onirico e zuccherino molto vicino a quello degli Yo La Tengo . Brani eccezionali come ‘Sip of Happiness‘ e ‘Little Black Flowers’ mostrano cosa sono in grado di fare i Woods, sia a livello compositivo che tecnico.
“Perennial” è un’altro disco caleidoscopico dei Woods, un giro di walzer in techinicolor che vi lascerà nelle orecchie il sapore della meraviglia e la voglia irrefrenabile di fare subito un’altro giro di giostra.

Smemorato sognatore incallito in continua ricerca di musica bella da colarmi nelle orecchie. Frequento questo postaccio dal 1998…
I miei 3 locali preferiti:
Bloom (Mezzago), Santeria Social Club(Milano), Circolo Gagarin (Busto Arsizio)
Il primo disco che ho comprato:
Musicasetta di “Appetite for Distruction” dei Guns & Roses
Il primo disco che avrei voluto comprare:
“Blissard” dei Motorpsycho
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Parafrasando John Fante, spesso mi sento sopraffatto dalla consapevolezza del patetico destino dell’uomo, del terribile significato della sua presenza. Ma poi metto in cuffia un disco bello e intuisco il coraggio dell’umanità e, perchè no, mi sento anche quasi contento di farne parte.