Non è uscito ieri, ma perché non parlarne? Mi riferisco a Tomberlin, giovane musicista di Louisville, e in particolare al suo disco “At Weddings”, protagonista di una prima pubblicazione a cura di Joyful Noise Recordings, e di una seconda, con l’aggiunta di alcune canzoni per un totale di dieci pezzi, per Saddle Creeks Records.
Sarah Beth Tomberlin e la sua I’m Not Scared, dove è la negazione stessa a ribaltare il significato attorno a cui, esplicitamente e non, ruota l’intero album. La fame di chi vuole a tutti i costi vivere intensamente, le curiosità relative al futuro e il timore di sapere, la voce morbida di chi sogna e muore di paura. Gli occhi di chi scorge l’arrivo di un cambiamento e non sa se sia più elettrizzante o angosciante.
L’emotività di chi mescola gioie e dolori in suoni delicati, certezze assolute e insicurezze laceranti di chi è confuso e si fa scudo con la musica, rifugiandosi dietro teneri riff di chitarre, arrangiamenti rasserenanti e armonie di casa. E se è vero che questi temi potrebbero non risultare affatto freschi, è altrettanto vera e tangibile la genuinità delle parole di Tomberlin, ora fragile (Any Other Way, Seventeen), ora decisa (Self-Help), scostante, ma non banale, ed è bello che sia così.
Il piglio acerbo di chi ha gusti raffinati e qualcosa di concreto da dire, all’interno “At Weddings”, un bel disco che merita di essere ascoltato, e che accompagna chi lo fa nel mondo di Tomberlin. Un disco che incuriosisce, gettando le basi per un futuro carico di speranze, lo stesso che ha come voce narrante quella della musicista del Kentucky.
Camilla Campart
