A distanza di tre anni da “Songs From The Pale Eclipse”, i Warlocks tornano con il loro ottavo album “Mean Machine Music”. La band losangelina, capitanata da Bobby Hecksher, continua la sua ormai ventennale carriera facendoci immergere nella loro consueta atmosfera cruda e psichedelica, questa volta avventurandosi in qualcosa di più sperimentale.
Il disco è formato da cinque tracce inedite e da quattro altri pezzi che sono dei “reprise” della prima parte dell’album, ad eccezione di Tribute To Hawkind, omaggio tutto strumentale alla storica band britannica.
Ma non sarà quest’ultima l’unica traccia “ispirata”: infatti in “Mean Machine Music” si spazia dallo shoegaze al krautrock, dallo space rock al death rock, ed emergono chiaramente le influenze di Stereolab, Velvet Underground, Mogwai, My Bloody Valentine e tanti altri.
La chitarra inimitabile di Bobby si amalgama bene con gli altri influssi e si rende più morbida e soffusa nei “reprise” sotto la supervisione del tecnico del suono Phillip Haut (già collaboratore di Ariel Pink) creando un trip sinfonico che ci getta in una dimensione alterata.
L’impronta classica dei Warlocks è tangibile nelle prime cinque tracce, ma in quest’album si respira qualcosa di nuovo e coraggioso, che rende quest’ultimo lavoro interessante per gli amanti del genere e forse un nuovo punto di partenza per gli aficionados della band californiana.
Stefano Sordoni
Mi racconto in una frase: A mio agio nel disagio
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica: Circolo Magnolia (Milano), Santeria Toscana 31 (Milano), Circolo Ohibò (Milano).
Il primo disco che ho comprato: Jamiroquai – Travelling Without Moving
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Beatles – White Album
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: Ascolto musica da sempre, in qualsiasi situazione, costantemente. Mi piace creare delle playlist adatte per ogni situazione. Ricordo quando da bambino si affrontavano viaggi interminabili verso il Sud della Puglia, nella vecchia Simca di mio padre: facevo ascoltare a ripetizione una sola cassetta, “Money for Nothing” dei Dire Straits, la mia preferita tra quelle presenti in auto e soprattutto quella che per me era diventata la colonna sonora dell’inizio delle vacanze estive. Ricordo anche la mia tristezza quando un giorno mio padre mi disse che il nastro si era incastrato nel lettore, rovinandosi definitivamente e inesorabilmente. Col senno di poi forse aveva semplicemente rotto le palle.