Milano, 10 maggio 2022

 

È il compleanno di Stuart Braithwaite, fondatore e volto noto dei Mogwai. Facile immaginare che nel backstage del Fabrique si respiri aria di festa. In sala, però, dubito che gli spettatori ne siano al corrente. Eppure la data milanese dello storico combo di Glasgow porta con sé una piacevole ventata di entusiasmo. L’atmosfera è quella dei grandi eventi. La gente si accalca sotto il palco e riempie il locale fino a murare l’accesso al bar. Tutto esaurito, almeno così pare. D’altra parte c’è chi attendeva questo live dall’ormai lontano 28 gennaio, concerto poi rinviato causa covid.

Beh, l’attesa è finita. In centinaia sono accorsi in via Fantoli per ascoltare finalmente dal vivo “As The Love Continues”. Un disco strabiliante, da record. Non solo perché contiene almeno un paio di instant classic, ma anche perché, in maniera del tutto inattesa, ha addirittura portato i Mogwai in vetta alle classifiche UK. Una specie di miracolo per chi suona post-rock, per giunta strumentale, con pezzi da sei minuti e rotti.

La serata si apre proprio con To The Bin My Friend, Tonight We Vacate Earth (madonna, quanto amo i loro titoli), prima traccia dell’ultimo, celebrato album. Un pubblico attento, almeno questa volta, si immerge con fare composto nei suoni languidi degli ultimi Mogwai. I’m Jim Morrison, I’m Dead non modifica il piano tattico della serata. Semmai lo dilata, lo diluisce lentamente, come la piovra che rilascia il suo inchiostro per sorprenderti in un oceano nero.

Poi è il turno di Ritchie Sacramento, forse il brano più commerciale, se così si può dire, mai scritto dai Mogwai (a proposito di titoli, lo sapevate che Ritchie Sacramento viene da un errore di un amico del gruppo sulla pronuncia di Ryuchi Sakamoto?). Anche dal vivo questa piccola hit suona morbida e perfetta, con quel suo giro canonico intiepidito da un sottile velo di tristezza. È l’apice della prima parte del concerto, che insiste sul lato più riflessivo dei nostri, passando per il classico Take Me Somewhere Nice e la bellissima Dry Fantasy.

Ma parliamoci chiaro. Noi vecchi fan fuori moda siamo qui anche, e soprattutto, per farci spettinare i pochi capelli che ci rimangono in testa. Ed eccoci allora accontentati. A fare da spartiacque ci pensa la roboante Ceiling Granny, un’altra gemma estratta dall’ultimo disco, accolta con un piccolo boato. È a questo punto che l’ombra della volpe inferocita ritratta sulla copertina di “As The Love Continues” inizia a stagliarsi in platea in modo minaccioso. L’immagine, appesa alle spalle della band, sembra prendere vita, ironia della sorte, sulle note di Remurdered. Una canzone che con le sue dosi massicce di elettronica sembra tratta dalla colonna sonora di un film di Dario Argento degli anni ’80, tipo “Tenebre”. Suoni che incutono un certo timore anche quando si è stesi sul divano di casa. Figuriamoci dal vivo.

Da qui in avanti è una lenta discesa negli abissi. Un’alternanza letale tra quiete e tempesta: il marchio di fabbrica dei Mogwai e del post-rock tutto. Le rasoiate da brividi di Like Erhod, potentissima come sempre, suonano sinistre e profonde. Puoi ascoltarla centinaia di volte, ma farà sempre quell’effetto lì. Caduta libera nel buio e unghie consumate nel disperato tentativo di risalire. Poi la band scompare dietro il palco. La volpe ghigna ancora, mentre la chitarra di Braithwaite continua a stridere negli amplificatori rimasti accesi. Ma è il suo compleanno, non dimentichiamolo. Allora il batterista Martin Bulloch tenta la sorpresa. Esce in anticipo per l’encore, appende tre palloncini all’asta di Stuart e intona un “tanti auguri a te”. Il chitarrista ricompare imbarazzato e ringrazia sollevando una birretta.

C’è ancora tempo per un paio di pezzi, che comunque vuol dire 20 minuti buoni di musica. Quando parte la conclusiva Mogwai Fear Satan, un ragazzo accanto a me impazzisce di gioia. Non si trattiene. Quasi si mette a piangere. È stata una bella scena, davvero. Di fronte a noi abbiamo una band che è in giro da quasi 30 anni, con 23 dischi all’attivo, che riesce ancora a entusiasmare e a divertirsi. Certo, avrei voluto ascoltare anche Batcat, Rano Pano, San Pedro, Auto Rock, ma non sono arrivati. Pazienza, va benissimo così. È stato comunque un grande live.

Paolo