Ricordate “Zizou” Zidane appena sbarcato in Italia, giovane e piuttosto alienato, che non rideva mai, ma proprio mai, e che in campo saltellava già con classe e inconfondibile stile? Con quel mezzo broncio a testimoniare più che rassegnazione un certo fatalismo, rendeva quanto mai attuali le tesi dell’esistenzialismo francese. Lo stesso, che sornione diede una testata fumante a uno dei nostri nella finale dei mondiali del 2006, fu poi protagonista in quell’anno di un documentario non indimenticabile dal titolo “Zidane, A 21st Century Portrait”, la cui colonna sonora, eccoci arrivati al punto, era curata dai Mogwai, scozzesi, padri e padrini del cosiddetto “post”, rispetto a che cosa dite voi.
I Mogwai e Zidane, dunque: da una parte la stratificazione certosina, l’indimenticabile monumentalità di quei crescendo che ne caratterizza una parte non piccola della produzione; dall’altra un raffinato giocoliere capace di occupare il campo trasversalmente ricoprendone di volta in volta la funzionalità tattica e tecnica. Gli autori di un colpo di stato mai davvero elaborato dalla scena rock e l’ultimo genio del ‘900 calcistico irriducibile a qualunque etichetta.
Entrambi hanno maturato lo sguardo, cresciuti nella comprensione degli ambiti di loro pertinenza, consapevoli e obbligati alla continua messa in discussione delle proprie abilità: gli uni con sonorità e melodie sempre più sofisticate, in certi casi con risultati da classifica, l’altro scendendo a patti con il proprio ego mettendosi al servizio dei suoi, motivandoli in continuazione dalla panchina, in modi certo compassati che, però, in nulla ricordano i bisbigli e le parole appena sussurrate delle vecchie conferenze stampa da calciatore.
Ascoltando Dry Fantasy dall’ultimo LP “As The Love Continues”, i Mogwai, secondo i meglio informati, hanno voluto rendere omaggio a un altro di quella schiera dei “post qualcosa”, Mark Hollis, compianto leader dei Talk Talk, scomparso ormai due anni fa. Mica vero: in successione, minuto dopo minuto, è al fenomeno francese che è andato il pensiero, luci e scintillii di puro piacere, una specie di cristallo sempre sul punto di rompersi.
Una sensazione che invece rientra nella splendida Ritchie Sacramento, una concessione al canto, e che certifica la dialettica sottesa all’intero lavoro. Rigore e libertà, anche di perdersi. Dopo 25 anni di carriera, uno dei lussi che tanti altri dovrebbero perseguire. In definitiva, ci hanno insegnato a cambiare, sempre. A trovare non tanto modi diversi di dire la stessa cosa, ma di aver il coraggio proprio di cambiare idea, di “trasformare” la nostra vita con azioni e gesti inediti.
Il numero dieci, ora allenatore del Real Madrid, non avrebbe vinto nulla se ad ogni gol non avesse pensato come realizzare il successivo diversamente. Se si fosse bloccato in quella smorfia di inizio carriera, forse oggi sarebbe davvero “post”. Invece fa parte del presente, come i nostri amati Mogwai.
Alberto Scuderi
