Quando si parla di post-punk revival inglese, sembra ormai d’obbligo sfoggiare il solito elenco della spesa, pensateci: Idles, Fontaines D.C., Shame, black midi, Dry Cleaning, Black Country, New Road e poi di nuovo brexit, Boris Johnson, lotta al capitalismo e via dicendo. Così, un movimento carico di idee e flusso vitale finisce col ricevere lo stesso trattamento mediatico riservato all’indie-rock britannico di 15 anni fa, costellato di meteore e sonore accantonate che hanno spesso fatto la fine che meritavano: l’oblio. Eppure è sensazione comune che oggi la matassa artistica sullo scacchiere sia molto diversa, più matura e impegnata per quanto ben calcolata e contraddistinta da diverse identità con caratteristiche reciprocamente analoghe, ma singolarmente uniche. Così ognuno dei gruppi succitati (e ne mancano altri all’appello appena appena più derivativi) ha a suo modo forti personalità nella musica e nelle parole, in grado di differenziarlo in modo molto netto da tutto il resto. In questo scenario denso e con spazi ben occupati, l’arrivo di un nuovo complessino rischia di passare inosservato, o ancor peggio, appunto, celebrato in modo raffazzonato con il conseguente appiattimento della proposta.
Compra il vinile di Bright Green Field degli Squid
Non è il caso degli Squid, cinque ragazzi di Brighton sicuri dei propri mezzi, già messi in mostra nei singoli ed EP precedenti: batterista vocalist, chitarre isteriche, fiati, tastiere, brani di medio-lungo minutaggio, elevata padronanza sia degli stilemi pop che della sperimentazione più audace. “Bright Green Field” esce per l’etichetta Warp e promette di restare, sopravvivendo alle prossime next big things e addirittura alle classifiche di fine anno. Questo perché tutto il disco vive di coerenza narrativa propria, è un ascolto avventuroso preso nella sua integrità, scorrevole ma al contempo sfidante, arricchito da singoli episodi che presi da soli si candidano a instant classic del genere (il singolo Narrator con la partecipazione di Martha Skye Muprhy già segnalato in tempi non sospetti nella nostra rubrica 5 Canzoni Bomba, ragazzi, va beh…), canzoni dentro le canzoni, passi interessantissimi che è doveroso citare come la coda di Boy Racers, l’architettura razionalista di G.S.K., il ribollire sanguigno del finale affidato Pamphlets in chiusura dell’opera, canzone forte di un videoclip bellissimo oltretutto.
I saliscendi musicali, capaci di spaziare dal funk bianco alla Talking Heads (eh oh, vanno citati per forza), all’elettronica, fino a certi passaggi più roots come il folk inglese e il jazz d’oltreoceano, non devono in ogni caso far distogliere l’attenzione da testi scevri da banalità, anch’essi in linea con la tradizione del genere e della nuova scena: tra il criptico e l’erudito, con qualche tocco di humor inglese sempre tagliente nella descrizione del reale.
Quindi sì, sicuramente quando uscirà il prossimo disco di una band di Londra che attinge a piene mani da Wire e The Fall troveremo citati gli Squid a inizio recensione, e sì, a fine anno ci romperemo le teste per decretare quale debuttante meriti di stare più in alto tra loro e Black Country, New Road. Poi, senza accorgerci, il tempo passerà, i giri sul piatto aumenteranno, magari fomentati da qualche esibizione live del quintetto, e saremo lì a pensare “certo che questo è ancora un disco bellissimo”. A proposito, gli Squid passeranno in Italia a ottobre per due date, il 25 al Magnolia di Milano e il 26 al Locomotiv Club di Bologna.
Andrea Fabbri
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica: Circolo Magnolia (Milano), Biko (Milano), Santeria Toscana (Milano)
Il primo disco che ho comprato: Coldplay – X&Y
Il primo disco che avrei voluto comprare: Weezer – Blue Album