Il 21 febbraio è uscito “Blindness”, il terzo disco in studio dei The Murder Capital. Dopo l’acclamato album di debutto “When I Have Fears” (2019), la band era tornata sulle scene nel 2023 con “Gigi’s Recovery”, un lavoro intenso, ma un po’ confuso e, oggettivamente, non degno del suo predecessore: lo stesso frontman James McGovern lo aveva definito come un disco annebbiato dalla claustrofobia vissuta durante la pandemia. Questo secondo album, però, un gran merito lo aveva avuto: portare i The Murder Capital a suonare tantissimo, nel Regno Unito e in tutta Europa, ampliando il bacino di persone che hanno potuto ascoltarli – e apprezzarli, come è successo a noi – nella loro dimensione live.
Ed è stato proprio durante il tour del 2023 che la band ha riscoperto l’urgenza di comporre qualcosa di nuovo: al contrario delle registrazioni di tre anni prima, questa volta sono bastati dieci giorni per sfornare i pezzi della tracklist e tre settimane per registrarli.
“Blindness” raccoglie le spinte creative dei diversi componenti della band – che oggi vivono in città diverse, tra Dublino, Londra e Berlino – e sa spaziare dalla furia del pezzo di apertura Moonshot, frutto di qualche tensione di troppo vissuta negli ultimi giorni di registrazione, alla calma meditazione sull’amore e la fedeltà di Trailing a Wing, pezzo di chiusura del disco.
Subito dopo l’apertura, incontriamo i singoli Can’t Pretend To Know e Words Lost Meaning, pezzi piuttosto radiofonici e melodici che hanno anticipato l’album nei mesi scorsi: è il secondo, in particolare, a funzionare bene, grazie alla sua orecchiabilità e a un testo azzeccato, che esplora l’uso vuoto di certe parole nelle relazioni sentimentali.
Incastonati nella parte centrale dell’album, spuntano i pezzi che ci hanno convinto di più. A Distant Life è un brano immediato e dalla produzione perfetta, che risente (positivamente) dell’amore della band per gli Echo & The Bunnymen. The Fall è il brano più murdercapitaliano del disco, quello che ci riporta dalle parti del bellissimo album d’esordio: spuntano decise le reminiscenze di certi U2, soprattutto nelle chitarre, che si mischiano a serrati ritmi punk. Poi arriva Swallow, una delle canzoni più riuscite dell’album: anche qui torniamo nei luoghi meditativi del primo lavoro della band. Gli spazi sonori sono ampi e in qualche modo spettrali, la voce bassa e quasi ipnotica, in un gioco altisonante, tra fragilità e dolore. Ad accomunare questo filotto sono i testi efficaci, un punto di forza innegabile della band e del suo autore principale, McGovern: profondo amante della poesia e della letteratura, sa spaziare da frasi dirette e un po’ acchiappa-like, fino a momenti decisamente più lirici che danno un valore aggiunto ai brani più intensi.
Nel mezzo c’è Death of a Giant, il doveroso tributo a Shane MacGowan, l’indimenticabile leader dei The Pogues scomparso alla fine del 2023. Si tratta di un momento che ha scosso profondamente la comunità irlandese, orfana di una vera e propria icona nazionale, e che qui rivive in un reportage post-punk di una giornata di lutto e celebrazioni a Dublino (la band ha partecipato anche alla parata funebre di Pearse Street e ha eseguito una commovente cover di I’m a Man You Don’t Meet Everyday nel live di Other Voices).
Una menzione a parte merita Love of Country, un brano che il gruppo ha reso simbolo del suo supporto alla causa palestinese (i proventi dell’acquisto digitale della canzone sono stati interamente devoluti a Medical Aid for Palestine). Con il suo verso ripetuto e insistente – Puoi biasimarmi per aver scambiato il tuo amore per la patria con l’odio per l’uomo? – ci spinge a chiederci il senso di quello che sta succedendo nel mondo, una volta ancora. James McGovern ha spiegato come, fin da piccolo, abbia assistito al diffondersi di sentimenti xenofobi e di un patriottismo esacerbato: una contrapposizione feroce con lo spirito libero del popolo irlandese e una frustrazione tristemente contemporanea, che risuona chiara in questa canzone.
E, infatti, questo album si muove su tre temi principali: la fede e il patriottismo, l’analisi delle relazioni e uno sguardo introspettivo su questioni sociali come la dipendenza e la malattia mentale. Tutti problemi profondamente radicati nel nostro mondo, che ci travolgono, ci affaticano e rischiano di renderci ciechi. Allora, forse, serve abbandonarsi un po’, proprio come fa questo album: in bilico tra controllo e caos, tra silenzio e turbolenza, tra calma e ferocia, con uno sguardo critico e cieco allo stesso tempo.
La cecità (Blindness) è la convinzione distorta, il dietro di noi, l’isolato, l’amore a distanza, la fede negata, il patriottismo deviato, il volto sbiadito degli istanti nella vista posteriore. La cecità mette tutto a fuoco. – James McGovern
Sara Bernasconi
Tracklist
Moonshot
Words Lost Meaning
Can’t Pretend To Know
A Distant Life
Born Into The Fight
Love Of Country
The Fall
Death Of A Giant
Swallow
That Feeling
Trailing A Wing

Circolo Magnolia (Milano)