smashing pumkins cyr

Povero Billy Corgan! Era il 2000 e la sua migliore creatura moriva. Gli Smashing Pumpkins non c’erano più. Billy però voleva dimostrare al mondo che gli Smashing Pumpkins altro non erano che lui. Aspettò quindi poco più di un lustro e si reimpossessò del marchio magico. I risultati in verità non furono all’altezza delle aspettative, né per il pubblico né per lui. Billy quindi aspettò ancora qualche anno per fare la mossa che tutti attendevano… Nel 2018 riassemblò la formazione originale (bassista esclusa) degli Smashing Pumpkins e fece un tour monumentale che riportò il suo nome fra quelli dei grandi del rock.

Questo però non poteva bastare. Ecco dunque il nuovo album realizzato con i vecchi compagni. “Shiny and Oh So Bright, Vol. 1 / LP: No Past. No Future. No Sun.”, uscito l’anno scorso, non è un brutto album, tutt’altro. Il problema è che gli antichi fasti sono praticamente impossibili da replicare. Billy Corgan però non ci sta. Se il successo planetario non torna ripescando le sonorità di “Siamese Dream”, ci si deve provare in un altro modo. I Pumpkins infatti sono stati gli alfieri non soltanto dell’alternative rock chitarristico dei nineties, ma anche della ripresa dei suoni sintetici degli eighties, grazie a quel gioiellino che fu “Adore”. E questa volta è lì che Billy va a parare.

“Cyr” è un doppio album di ben venti canzoni (punto a suo sfavore, ma si sa che la lunghezza delle sue opere è sempre stata un pallino per Billy), all’interno delle quali la batteria suona come una drum machine, la chitarra elettrica appare giusto in qualche episodio (Wyttch, Anno Satana) e i synth la fanno da protagonisti assoluti.
Molti fan storceranno il naso, i più aperti cercheranno di capire.

Ma capire cosa? Che qualsiasi cosa faccia, Billy Corgan era e rimane uno dei più grandi autori di canzoni della sua generazione; che qualunque melodia esca dalla sua penna, può tranquillamente infilarsi nella tua testa; che sperare nella rabbia dei vent’anni non ha più senso, ma in una maturità slegata dal mercato, quello sì. Billy dovrebbe non farsi più influenzare dal mondo, elevarsi al di sopra, volgarmente fregarsene e iniziare a fare solo quello che vuole.

Brani come The Colour of Love, Dulcet in E, Black Forest Black Hills e tanti altri sono perfetti singoli pop. Renderli ancora più pop (e gli Smashing Pumpkins lo fanno comunque meglio di tantissimi altri che hanno provato a flirtare con gli eighties, meglio degli Editors, mille volte meglio dei White Lies) non serve, così come non serviva tornare alle sonorità d’inizio carriera.

Quindi, caro Billy, scrivi le tue canzoni e arrangiale come vuoi, senza rimanere legato ad alcuno stereotipo, perché è questo che stai ritrovando nel nome e nel marchio della tua band. Anzi, Billy, fai quello che vuoi e basta, noi in ogni caso saremo ben felici di ascoltarti.

Andrea Manenti