Quanto è lecito aspettarsi sempre un passo avanti in termini evolutivi da un artista di 62 anni che ha ridefinito non soltanto un genere, ma un’intera scena musicale e addirittura uno stile esecutivo e interpretativo, specie se il fan più accanito può godere instancabilmente delle opere del periodo d’auge, da scoprire e riscoprire senza lasciarsi andare a troppa nostalgia? Se si parla di Thurston Moore, a giudicare dalla sua comunque irrefrenabile attività sociale e politica, ricca di iniziative artistiche e non solo, no, non è lecito. Possiamo concedergli un disco come va a lui, in cui ritrovarlo e ritrovarci.
“By The Fire”, il sesto disco da solista in 25 anni, uscito per la proprietaria Daydream Library, è proprio questo: una sorta di summa di quanto già visto e sentito, senza picchi sbalorditivi né impulsi di skippare il brano successivo (o alzare la puntina dal piatto, dipende quanto siete effettivamente vecchi), nonostante alcuni minutaggi fuori dalla norma.
Per realizzarlo, l’ex principino dei Sonic Youth ha reclutato nuovamente Deb Googe (My Bloody Valentine) al basso, James Sedwards alla chitarra, il duo Steve Shelley (già Sonic Youth) e Jem Doulton ad avvicendarsi alle batterie, Jon Leidecker (Negativland) alle incursioni elettroniche e la poetessa Radieux Radio per dare manforte ai testi. Un team rodato, capace di mettere su un disco di quasi un’ora e mezza, che contiene un po’ di tutto: si parte in modo deciso ma telefonato con Hashish e Cantaloupe (quest’ultima con un assolo hard-rock veramente fuori moda), che assocerete subito, anche senza aiutini, rispettivamente a Sunday e Sugar Keane. Buona partenza, ma con sopracciglio alzato.
Le cose si fanno più stridenti con gli stop and go di Breath, per poi frenare subito dopo con la lunga Siren (intro di chitarra di 9 minuti prima della voce, ok) e la dimessa Calligraphy, caramellina chitarra e voce in cui la band si congeda momentaneamente come a dare respiro in vista di quello che seguirà.
Locomotives, infatti, è un raga kraut-rock. Nomen omen, visto che sembra veramente di sentire una locomotiva macinare terreno su binari arrugginiti, tra tribalismi e lamiere di chitarre a costruire il brano certo più sperimentale, benché non innovativo stando solo alla produzione recente di Thurston, come la lucida follia espressa in Spirit Counsel. Da qui si volta verso il trittico finale, composto dalla melodia limpida di Dreamers Work e dalla ben più quadrata They Believe in Love [When They Look At You]. A chiudere, la lunga strumentale Venus, che nulla toglie e nulla aggiunge.
La forma canzone, nonostante tutto, torna protagonista in questo “By The Fire”. La forma canzone in stile Thurston Moore, certo, ma comunque canzone. E del resto, a nessuno di critica o pubblico va di stroncare un sessantaduenne che è ancora capace di divertirsi e far sentire la propria voce con tematiche comunque di impegno. Il fuoco sacro c’è, ma per trovare quello generazionale capace di spostare qualcosa come fecero i Sonic Youth occorre guardare altrove. Qui c’è spazio per qualche bel vecchio ricordo e obbligata conferma di grandezza stilistica.
Andrea Fabbri

I miei tre locali preferiti per ascoltare musica: Circolo Magnolia (Milano), Biko (Milano), Santeria Toscana (Milano)
Il primo disco che ho comprato: Coldplay – X&Y
Il primo disco che avrei voluto comprare: Weezer – Blue Album