Se si escludono i due EP del 2016 e del 2018, “Bummer” è l’esordio del duo canadese Cleopatrick. Un esordio a suo modo classico, ma coraggioso in quanto si allontana dagli stili rock che sono andati per la maggiore in questi ultimi anni. Niente post-punk, quindi, e pochissima sperimentazione. Al contrario, quintali di distorsioni e fuzz su basso e chitarra, una ritmica potente e precisa che rimanda quasi agli anni del nu metal, strofe cantilenanti in stile primi Arctic Monkeys (“Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not” e “Favourite Worst Nightmare”), ansia e riff da Muse delle origini (“Showbiz” e “Origin of Symmetry”), una voce che non recita ma canta e lo fa alla grande, come se fossimo ancora all’apice del grunge.

Se proprio dovessimo accostare la band di Cobourg, Ontario, a realtà più recenti, dovremmo cercare in progetti come Cloud Nothings e Japandroids, gruppi pieni di grinta ma con poca fantasia. Senza esagerare, se i Cleopatrick partecipassero all’edizione canadese di X Factor (sempre che esista, ammetto la mia ignoranza), potrebbero anche vincere… D’altronde, qui in Italia, qualcosa del genere è successo veramente. C’è però anche la possibilità concreta che Ian Fraser e Luke Gruntz (i due giovani dietro il nome Cleopatrick) siano invece artisti genuini e spiccatamente dediti a un’etica credibile do it yourself (dopotutto incidono per la loro etichetta personale). Nel primo caso, quindi, li degraderemmo e nel secondo li esalteremmo? Probabilmente la verità, come al solito, sta nel mezzo.

In conclusione “Bummer” è un signor esordio senza troppe pretese e carico di energia giovanile, nulla di più nulla di meno. Forse dovremmo semplicemente accontentarci di questo. Menzione d’onore per la ballad 2008, con la voce lacerante di Luke che raggiunge i livelli di Chris Cornell: brividi.

Andrea Manenti