Ci sono voluti più o meno sei mesi, ma alla fine, con questo “Drunk Tank Pink”, abbiamo tutti e tre gli album delle nuove promesse del rock britannico. Insieme a Fontaines D.C.Idles, gli Shame erano partiti alla riscoperta del post-punk, dei Fall e di band affini, che tanto ci aveva fatto piacere i loro esordi (nel caso degli Idles anche il successore “Joy as an Act of Resistance”, molto simile all’LP di debutto, ma un po’ più a fuoco). In queste nuove uscite discografiche, i tre gruppi hanno invece dimostrato una maggiore autonomia, che li ha portati a differenziarsi l’uno dall’altro. I Fontaines D.C., in “A Hero’s Death”, si sono infatti concentrati sulla forma canzone. Gli Idles, in “Ultra Mono”, hanno forgiato un sound hard (core? rock?) possente e più statunitense. Gli Shame hanno invece continuato la loro ricerca quasi filologica all’interno del mondo underground degli Eighties inglesi.

In “Drunk Tank Pink” la giovane band londinese abbandona quasi completamente il punk slabbrato, ma melodico e un poco anthemico, che ci aveva fatto innamorare di loro. Niente più One Rizla quindi, se non giusto in qualche reminescenza (soprattutto nell’opener Alphabet, probabilmente non a caso scelto come singolo di lancio). Per il resto del disco Charlie Steen e soci esplorano infatti tre nuove strade. Una, più ballabile, è debitrice di band storiche come Talking Heads e Gang of Four, ma anche dei più attuali Parquet Courts (da segnalare Nigel Hitter, con tanto di chitarra quasi alla Prince, e Water in the Well). Una seconda si allontana dal post-punk per avvicinarsi alla cattiveria di certe formazioni post-core (dalla scena Dischord / Touch and Go ai nostri One Dimensional Man): sentite a proposito Snow Day, Great Dog o Harsh Degrees. Una terza, infine, rilegge suoni new wave più d’atmosfera (fra Stranglers ed Ultravox e, perchè no, per noi italiani è difficile non sentirci i Litfiba dei primi tre album): bellissima Human, for a Minute.

Meno accessibili e istintivi rispetto alle altre due band già citate, con questo “Drunk Tank Pink” gli Shame si dimostrano comunque maturi, riconoscibili e sempre apprezzabili, seppur derivativi. Non è poco.

Andrea Manenti