David/Ryan Adams è nato nel 1974 in North Carolina a Jacksonville. Vive un’infanzia molto travagliata, crescendo con i nonni materni e afflitto da alcuni problemi di salute che lo privavano del sonno. Cresce come uno spirito inquieto che fagocita Hüsker Dü, Misfits e Smiths. Ama spesso isolarsi per leggere Henry Miller con i piedi a penzoloni e i capelli in faccia su qualche muretto di periferia. A quindici anni forma una band che si chiama The Patty Duke Syndrome che ama definire come “Art Punk Noise”.

Si trasferisce a Raleigh e forma i WhiskeyTown con la cantante Caitlin Cary. Qui la svolta radicale di genere verso i territori del country. A suo dire, che gran burlone, il punk è troppo difficile da cantare. WhiskeyTown è un detto di Jacksonville per dire agli amici che hai intenzione di sbronzarti. “Hey, let’s go to WhiskeyTown” lascia già intendere molte cose degli anni a venire.
Ricordiamoceli assolutamente così:

La band si scioglie e il nostro antieroe si trasferisce a New York, dove inizia la sua proficua carriera da solista scrivendo circa 20 canzoni al giorno e sarà costellata di successi.

Heartbreaker, il suo album di debutto come solista è un capolavoro assoluto e, l’omonimo Ryan Adams ha ricevuto nel 2014 ben due nomination ai Grammy. L’opera è frutto di un viaggio mistico a Nashville con Gillian Welch, David Rawlings e Emmylou Harris. Se volete saperla lunga di musica “ammerigana” contemporanea dovete ascoltarlo almeno 3 volte al giorno per circa 6 mesi. Iniziate da oggi.

Da non sottovalutare il suo lavoro nella produzione discografica per terzi , il nostro sforna album incantevoli per Jenny Lewis, La Sera, Willie Nelson, Jesse Malin. Nel calderone anche qualche guily pleasure, ehm…ehm…Fall Out Boy.

Nel settembre del 2001, a pochi giorni dalla tragedia Americana, gira il videoclip di New York New York, singolo apripista per il suo prossimo disco Gold. Nel video suona di spalle alle torri ed è costretto dapprima a specificarne la data nel cartello di testo e in seguito a lanciarne uno nuovo. La canzone lo tormenta al punto da rilavorane anche la stesura con un featuring dell’allora semisconosciuto Kamasi Washington. 

Litiga con l’etichetta e se ne separa e spesso anche con i fan il rapporto non idilliaco. Nel 2002 allontana da un concerto uno spettatore buontempone, reo di aver richiesto Summer of 69 del quasi omonimo Bryan. Anni dopo non si fa problemi a suonarla sogghignando sardonico.

Impiega due dischi per assestare i tormenti con la Lost Highway. Il primo è Demolition: una raccolta di ballate country che avrebbe voluto rilasciare in 5 EP. Il secondo è un viaggio nel rock’n’roll, che avrebbe impiegato solo due EP a suo volere.

L’artista disgustato dalla reazione dei discografici decide di chiudersi subito in studio con Melissa Auf Der Maur, Billie Joe Armstrong e la sua fidanzata dell’epoca l’attrice “sgnaccherona” Parker Posey. Sforna 15 bombe rock piene zeppe di citazioni, intrise di storia, di rabbia e voglia di rivincita. Se ascoltate Shallow qui sotto, potrete facilmente annusare il profumo dei T-REX passato per le narici dei Gallagher di Cigarettes & Alchool.

Per la cronaca, alla fine Bryan e la Lost Highway si sono poi finalmente accordati: l’etichetta avrebbe pubblicato il più commerciale Rock N Roll e Love is Hell in due EP ravvicinati, il primo nel a novembre del 2003 e il secondo nell’immediato dicembre. Un anno dopo a maggio del 2004, Love is Hell è stato ripubblicato come album completo, così come era stato inteso con bonus track e l’extended version di Anybody Wanna Take Me Home?

Arriviamo così nel 2004 e siamo al culmine della sua carriera con Love is Hell, un disco sofferto, ombroso e maledettamente poetico. Basti ascoltare il crescendo di un brano come Shadowlands per capirne l’essenza. Anybody wanna take me home è un’aiuola celebrativa agli Smiths da innaffiare ogni notte con lacrime a profusione.

La sua cover di Wonderwall lo immortala nel pop e lo stesso Gallagher ne ammette la genialità senza insultarlo. Un evento che passerà alla storia.

Nello stesso anno a Liverpool cade dal palco e si spacca il polso. Questo incidente lo farà prendere coscienza delle sue dipendenze per iniziare un nuovo corso. Torna in Florida e si trasferisce dalla nonna per riprendere un lungo processo di riabilitazione.

Inizia una parentesi di calma piatta accompagnato dai Cardinals, sfornando un paio di dischi molto vacillanti come Cold Roses e 29. Poi nel 2007 gli viene diagnostica la sindrome di Menière, la stessa di Fantozzi e Filini nella famigerata telefonata con accento svedese.
Un brutto colpo che infastidirà il suo udito per molto tempo. Nel 2009 il disagio arriva al culmine con parecchi episodi di svenimento e sordità temporanea che costringono il nostro ad annunciare il ritiro.

Fortunamente il ritiro non avvenne mai. Seguirono dischi dignitosi (Ashes & Fire), concerti memorabili (Live at Carnagy Hall), e cover che ribalteranno la storia del Pop (1989 e una certa Taylor Swift).

Gustatevi questa intervista doppia al limite dell’assurdo:

Il suo ultimo lavoro si chiama Prisoner, l’abbiamo recensito qui, ed è il primo lavoro di inediti dopo l’omonimo Ryan Adams: si tratta di un album molto personale, l’unico che poteva essere realizzato a questo punto del suo cammino. Si tratta di un disco di liberazione, che convince sempre di più…ascolto dopo ascolto. Come di consuetudine, l’artista ci sorprende rilasciando a pochi giorni da Prisoner ben 17 bsides meravigliose.

Ryan Adams sarà in italia per due concerti imperdibili, martedì 11 luglio all’Auditorium Parco della Musica di Roma e Mercoledì 12 luglio nella magnifica cornice del Vittoriale di Gardone Riviera. Mettete la crocetta sul calendario o ve ne pentirete amaramente.

Tum Vecchio