Autore instancabile, Ryan Adams, seppur con alle spalle una carriera di “appena” trent’anni, dal punto di vista delle pubblicazioni discografiche nulla ha da invidiare a mostri sacri del folk rock americano quali Bob Dylan o Neil Young. Come loro, infatti, il cantautore di Jacksonville, oltre alla pubblicazione regolare di un album ogni tot, spesso si lascia andare a idee folli (il primo gennaio del 2024 ha pubblicato la bellezza di cinque dischi) e a pubblicazioni di opere perdute (che poi grazie a internet perdute non sono mai) come questo “Blackhole”, le cui registrazioni risalgono al lontano 2006.

L’album in questione mostra tutto l’amore che Adams aveva ai tempi per un certo tipo di musica britannica anni Ottanta, amore ancora oggi non del tutto svanito. Difficile è infatti non sentire l’influenza degli Smiths in un brano come Likening Love to War o quella dei primi U2 nell’apripista The Door e nella pazza rincorsa di Help Us.

Non tutto comunque è derivativo. Just You Wait e Catherine sono Ryan Adams al 100% e sono bellissime. Curioso è poi il caso di Tomorrowland, che sembra fare il coro agli Editors, che però in quel periodo erano praticamente appena usciti dalla culla.

In generale questo “Blackhole” è un ottimo esercizio di pop rock, come quello che una band tipo gli Stereophonics ha più volte prodotto nel corso della sua carriera. Non farà mai parte dei classici imperdibili alla “Heartbreaker”, “Gold” o “Prisoner”, ma si fa ascoltare con piacere e regala più di un paio di perle nel suo genere.

Andrea Manenti