“Phantastic Ferniture’s Christmas Extravaganza”: questo era il nome dell’evento che si sarebbe tenuto nello scantinato della pizzeria Frankie’s a Sidney, fine 2014, in occasione del compleanno di Julia Jacklin, cantautrice locale dedita a un folk piuttosto dolente con un album all’attivo, “Don’t Let the Kids Win” (il secondo esce il 22 febbraio 2019). Alla festa si suona, si canta, si balla in mezzo ai flipper e, complice il clima di festa e qualche birra di troppo, dieci persone si ripromettono di formare una band dopo un abbraccio collettivo. Il giorno dopo, oltre alla festeggiata, se ne ricordano solo Elizabeth Hughes (a cui la Jacklin aveva dedicato la canzone Elizabeth), Ryan K Brennan (già collaboratore di Julia) e Tom Stephens. Fast forward, alla fine di luglio 2018 esce per la Transgressive “Phantastic Ferniture”, il debutto discografico dell’omonimo quartetto di amici.
La missione dichiarata dei Ferns è quella di divertirsi, farlo a cuor leggero, far ballare la gente ai concerti, stare bene sul palco e far stare bene chi sta sotto, non starci a pensare troppo, muovere un po’ il culo e liberarsi delle paranoie. Julia, quindi, prende per un po’ le distanze dal suo modo introspettivo di fare musica un po’ triste e abbraccia il mood estivo e il garage-pop che in Australia è una specie di sport nazionale. Come avere un alter ego.
Il risultato sono queste 9 tracce, che vanno a collocarsi comodamente nel già affollato panorama musicale di pop guitar-oriented. Dentro ci sono tutti gli ingredienti necessari a finire in quello scaffale dei negozi di dischi (r.i.p.). Da un punto di vista vocale risalta la somiglianza con Laura Marling e Feist. Da un punto di vista musicale predomina un certo grunge parecchio addolcito e radiofonico, quelle melodie zuccherose a là Best Coast e oggi Charly Bliss (Unconfortable Teenager) ibridate al rock adult oriented.
Piccoli anthem estivi come Fuckin ‘n’ Rollin, riff e linea di basso che ti si stampano addosso come un tatuaggio all’hennè, ritornello coinvolgente. Oppure Gap Year, con quell’l’attacco alla Albert Hammond Jr: non è un caso che la stessa Julia Jacklin avesse scelto di eseguire proprio la cover di Someday degli Strokes qualche tempo fa su Triple J, radio show australiano. C’è qualche spunto grintoso che sembra ispirarsi alla conterranea Courtney Barnett (Dark Corner Dance Floor), ci sono ballads energiche (Parks).
Sarà una seconda giovinezza, ma imperversa in realtà un timbro maturo e sicuro, a metà fra Chrissie Hynde e Sheryl Crow. Tutto l’album è improntato all’autenticità, all’immediatezza e alla spontaneità, che sembrano ormai condizioni imprescindibili per suonare quel tipo di – mi si perdoni il termine – rock. Tutto è facilissimo da canticchiare lanciati sulle highway australiane e a merito della band non sembra esserci traccia di qualche nostalgia per il passato nei suoni e nelle parole dei Phantastic Ferniture.
Però, a differenza delle intenzioni iniziali, anche se prevale un tono vivace e upbeat, a volte il pop dei Phantastic Ferniture non riesce a fare a meno di ripiegarsi in alcuni momenti più introversi e lievemente malinconici. Il Dna da folk-singer non dev’essere facile da reprimere. Forse sono proprio quei momenti quelli in grado di differenziare il pop dei Phantastic Ferniture dalla massa indistinguibile di band che suona pop-grunge, e alla fine chi se ne importa se non si fa festa per tutto l’album. C’è lo spaesamento dell’ingresso nell’età adulta mentre si vorrebbe prolungare un’adolescenza spensierata, c’è il sesso e l’amore fuori sincrono, c’è una sorta di romanticismo realista, cuori che forse non sono spezzati, ma a tratti si adombrano (Bad Timing).
Canzoni forse non indimenticabili, ma che alla fine lo scopo di farti divertire con leggerezza lo raggiungono ogni volta che premi play. Alla lunga la musica dei Phantastic Ferniture somiglia a tante altre cose, ma non mi pare puntassero sin dall’inizio ad inventare un nuovo genere musicale. Si muovono benissimo a cavallo fra le insicurezze sentimentali di giovani adulti e una voglia di vivere senza pensare al futuro, tutto sull’onda di canzoni belle e suonate bene e con melodie guitar -driven che ci fanno ritornare all’estate. Mi pare difficile che ci si possa mai stancare di ascoltarla (o di suonarla) questa musica qua.
Andrea Bentivoglio
Mi racconto in una frase: “Padre di due figli, di una radio, di un po’ di programmi radiofonici e numerosi dj set”
I miei tre locali preferiti per vedere Musica: Lo Sverso, Circolo Arci Il Corto Maltese, Sonic Room
Il primo disco che ho comprato: Run DMC – Tougher Than Leather
Il primo disco che avrei voluto comprare: Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: ho vissuto quasi un anno in Portogallo e quasi nove in Grecia. Mettevo i dischi anche lì.