Parafrasando Troy McClure de “I Simpson”, Bobbie Gentry direbbe: «Forse vi ricorderete di me per Ode to Billie Joe». Una canzone che nel 1967 la portò per quattro settimane in cima alla classifica “Billboard Hot 100” scansando nientepopodimeno che All You Need Is Love dei Beatles.

La pionieristica cantante country del Mississippi non si fermò lì e nel 1968 pubblicò il suo secondo album “The Delta Sweete”: un disco country-pop d’avanguardia, ricco di arrangiamenti vividi che fonde lo stile classico degli Stati del Sud con uno più moderno e stravagante, condendolo con innumerevoli allusioni sessuali. Purtroppo per lei gli ascoltatori dell’epoca non erano preparati a tutto questo e il disco ottenne un successo limitato al momento del rilascio. Così Bobbie Gentry si ritirò presto dalle scene, intorno la fine degli anni ’70, e solo anni dopo quell’album venne a poco a poco rivalutato fino al punto da essere oggi considerato un “capolavoro dimenticato”.

A quanto pare, anche Jonathan Donahue, cantante e fondatore dei Mercury Rev, se n’è accorto e ora, mezzo secolo dopo la pubblicazione di “The Delta Sweete”, il gruppo psichedelico di Buffalo ha deciso di reinterpretare quell’album avvalendosi di 12 collaboratrici d’eccezione per cantare quelle canzoni.

Ad aprire il disco troviamo tutta la grazia di Norah Jones, che in Okolona River Bottom Band crea una maestosa overture orchestrale compensando il ritmo un po’ appiattito rispetto all’originale. Hope Sandoval dei Mazzy Star canta Big Boss Man con tono languido, mentre Rachel Goswell degli Slowdive intona una Reunion che viene completamente stravolta ma dall’esito tutto sommato apprezzabile.

Direttamente dal set di “Game of Thrones”, l’attrice Carice Van Houten, sorprende in Parchman Farm e Laetitia Sadier degli Stereolab incanta per la sua dolcezza in Mornin’ Glory. Margo Price cerca di catturare l’energia e trasformarla in estasi in Sermon e la camaleontica Susanne Sundfør interpreta Tobacco Road come meglio non poteva fare, così come Phoebe Bridgers in Jessye’ Lisabeth.

Courtyard cantata da Beth Orton è la traccia che più di tutte si avvicina alla versione originale senza lasciare un segno particolare, mentre Penduli Pendulum risulta una ninna nanna soporifera e l’interpretazione di Marissa Nadler in Refractions non convince del tutto. I Mercury Rev decidono infine di chiudere l’album con una bonus track piuttosto prevedibile come Ode to Billie Joe, non presente nell’originale, cantata dalla veterana cantautrice americana Lucinda Williams.

Sin dal primo ascolto si capisce che l’enfasi è stata posta sulla reinterpretazione radicale del lavoro di Bobbie Gentry, causando in molti casi una spersonalizzazione dei brani. Ad ogni modo va dato merito alla nobile impresa dei Mercury Rev (e del loro cast di tutto rispetto) per aver fatto riaffiorare alla luce questo capolavoro dandogli una veste tutta nuova.

Stefano Sordoni

 

  1. Okolona River Bottom Band (feat. Norah Jones)
  2. Big Boss Man (feat. Hope Sandoval)
  3. Reunion (feat. Rachel Goswell)
  4. Parchman Farm (feat. Carice van Houten)
  5. Mornin’ Glory (feat. Laetitia Sadier)
  6. Sermon (feat. Margo Price)
  7. Tobacco Road (feat. Susanne Sundfør)
  8. Penduli Pendulum (feat. Vashti Bunyan w/ Kaela Sinclair)
  9. Jessye’ Lisabeth (feat. Phoebe Bridgers)
  10. Refractions (feat. Marissa Nadler)
  11. Courtyard (feat. Beth Orton)
  12. Ode To Billie Joe (feat. Lucinda Williams)