A cinque anni di distanza dal precedente album “Rat Farm”, tornano i Meat Puppets dei fratelli Kirkwood. La loro è stata una carriera imperniata sul crossover più assoluto fra i vari generi musicali, sull’amore per il deserto, ma anche su una fama toccata purtroppo solo di riflesso grazie alla partecipazione allo storico “Unplugged in New York” dei Nirvana. Con questa quindicesima fatica discografica la band dell’Arizona si presenta alla prova dei (quasi) quarant’anni con una maturità credibile ed un suono personale ma debitore della tradizione, vicino per certi versi al lavoro compiuto negli ultimi due decenni dagli alunni Joey Burns e John Convertino nei loro Calexico.

“Dusty Notes” si snoda leggero per dieci tracce che si lasciano piacevolmente ascoltare. Si parte con l’alt-country (del quale hanno contribuito alla nascita una trentina d’anni fa) di Warranty, si continua con la quasi patchanka di Nine Pins e con la ballad dylaniana On. È poi il turno del clavicembalo rock di Unfrozen Memory, che lascia presto spazio alle note da saloon della title track. The Great Awakening ricorda i migliori R.E.M., Sea of Heartbreak è ancora un’ottima country song, mentre Nightcap è pura americana. Un sussulto si ha con Vampyr’s Winged Fantasy, unico brano a ricordare il passato hard degli eighties della band dei burattini di carne. La conclusione è invece affidata al valzer di Outflow. Un album per ballare, ma anche per rilassarsi. Una festa tra vecchi amici.

Andrea Manenti