Ecco “Call the comet”, il nuovo lavoro a firma dell’illustre sconosciuto Johnny Marr (o almeno così viene trattato), perché troppo scontato sarebbe fare paragoni con ciò che ha creato con i The Smiths. L’album si presenta con Rise, una canzone dalle melodie tipicamente brit, fino a introdurre The Tracers, brano piacevolmente coinvolgente soprattutto in ottica live.

In questo lavoro ritroviamo contaminazioni anni ’80 come in My Eternal, con la voce filtrata, in New Dominions, dove le percussioni incalzanti fanno da contorno al testo, oppure in Actor Attractor, in cui si attende che da un secondo all’altro possa fare la sua comparsa Mr. Dave Gahan direttamente dai Depeche Mode.

Allo stesso tempo si possono gustare le avvolgenti e introspettive sonorità di brani come Spiral Cities, Day in Day out e Hi Hello, dove la chitarra acustica e morbida ci accompagna verso spazi ampi in cui sognare e viaggiare con la mente. Anche A different gun risulta carica di atmosfera e dolcezza, semplicemente magica.

Ci sono anche brani più rock, come Bug e soprattutto Hey Angel, a mio avviso la vera perla del disco, uno schiaffo potente sferrato con un guanto di velluto bianco, a riprova del fatto che non sempre bisogna gridare per colpire nel profondo.

Nel complesso “Call the Comet” risulta piacevole all’ascolto, ben costruito e registrato, un lavoro maturo che crea un susseguirsi di immagini e sonorità legate da un filo conduttore che si materializza nella chitarra di Marr e nei suoi suoni. Alla faccia dell’illustre sconosciuto.

Gipi Montalto