fbpx

John Grant – Love is Magic: Recensione

Il quarto album da solista di John Grant è un racconto fantascientifico: dandoci il benvenuto sulla sua navicella spaziale, Grant ci porta ad esplorare i luoghi più segreti della sua mente, tra aneddoti intimi e personali e cronache del mondo decadente che rimane fuori. “Love is Magic” è un album futurista: un’unione cosmica di synth-pop, elettronica, nu-disco, new wave, suoni metallici, robotici, meccanici.

“Acid trips” sono le prime due parole che Grant pronuncia nella traccia d’apertura Metamorphosis, e racchiudono un po’ in sé l’esperienza di ascoltare l’album dall’inizio alla fine. In un flusso di coscienza, la canzone oscilla tra versi che sembrano quasi titoli di articoli su un quotidiano (“young boy rapes 80-year old man”) e pensieri intrusivi, invasivi e personali: “how long have you been clean?” Le battaglie del passato di Grant con droga e alcool sono riportate alla luce, senza veli e né vergogna.

La canzone che dà il titolo all’album segue a ruota. Grant, con voce monotona e melancolica, ci chiede: “Have you got depression?” Il testo è introspettivo, è di nuovo la coscienza di Grant che si esamina, si analizza; le domande in seconda persona, però, si assicurano di accattivare chiunque stia ascoltando – Grant parla a sé stesso, ma parla anche a noi. Più avanti nel brano, Grant ammette: “There’s no milk in the refrigerator”. Scrivo questa recensione mentre osservo la mia ciotola piena di cereali abbandonata sul tavolo, perché anche io non ho latte in frigo. È una coincidenza, ma punta direttamente a ciò che Grant è riuscito a fare con quest’album: ogni evento che descrive, ogni piccolo inconveniente quotidiano, ogni pensiero che gli passa per la testa, è almeno uno vero anche per noi. E non possiamo poi smettere di ascoltare.

Preppy Boy è una canzone oltraggiosa: col suono che ricorda vagamente il soundtrack dei videogiochi, un po’ come Tempest, Grant seduce un “preppy boy,” uno stereotipo americano di un ragazzo di classe borghese, che gioca a Lacrosse, veste bermuda dai colori neutri e polo blu navy solo di marca. Grant gioca con quest’immagine tipica, familiare un po’ a tutti – non lontano dai Pariolini in Italia – e la distorce con l’erotismo della sua seduzione; “If you got an opening, then I am unemployed”, esclama nel ritornello, prendendo in giro l’atteggiamento sempre professionale e lavorativo del suo preppy boy, che aspira ovviamente sempre e solo al successo sociale ed economico. Preppy Boy è una canzone sfacciata, che esige di essere ballata. Assieme a He’s Got His Mother’s Hips, è la canzone più provocante, audace e svergognata dell’album, che porta alla luce la parte più giocosa e disinvolta di Grant.

Smug Cunt e Diet Gum affrontano temi simili: entrambe parlano di relazioni tossiche, malsane; persone che manipolano, abusano e pensano solo a sé. Smug Cunt, chiaramente una canzone che già dal titolo confessa la propria rabbia, è esplicitamente intima, e racconta di una persona a cui non importa il male che causa: “You don’t even care who you hurt”. Diet Gum cavalca la stessa onda, ma questa volta dalla prospettiva esattamente di chi manipola: la voce è ora meccanica, robotica, che segue alla perfezione il beat regolare della musica. Ma poi Grant passa improvvisamente a un parlato, e si sfoga: “Like, I should feel grateful you are in my life / But I’d rather dig out my own spleen with a butter knife.”

Per le ultime due tracce, Is He Strange e Touch & Go, più ballad che altro, Grant, dopo essersi liberato dal peso emotivo del suo passato, abbandona il synth per dare spazio al piano e alla batteria. Touch & Go, la canzone che chiude l’album, è in sé sorprendentemente dimenticabile, ma il testo le conferisce la forza necessaria per renderla lacerante. Un racconto di bullismo e depressione, Touch & Go chiude l’album con una nota positiva, con una trasformazione già anticipata da Metamorphosis; la verità arriverà, e nessuno può fermarla.

“Love is Magic” è un esperimento ben riuscito, che solo John Grant sarebbe stato capace di realizzare; qualche passo più avanti nel tempo rispetto al resto della musica di oggi, Grant ci mostra cosa potrebbe essere la musica in un futuro lontano, ultratecnologico e alieno, mentre i suoi testi restano coi piedi saldi a terra, nel quotidiano più crudelmente banale e umano.

Marta Meazza