Johann Sebastian Punk ha esordito nel 2014 con “More Lovely and More Temperate”, che gli era valso una candidatura nella cinquina finale del Premio Tenco come Miglior Opera Prima. “Phoney Music Entertainment” è il titolo del suo secondo album, uscito qualche mese fa. Il disco (qui la nostra recensione) esplora una moltitudine di linguaggi che hanno connotato le tradizioni musicali euro-americane, riorganizzando in un assemblaggio sonoro confuso e incoerente, brandelli malconci di immaginari pop. Autore del progetto è il polistrumentista Massimiliano Raffa. Lo abbiamo incontrato per conoscere meglio la sua musica e la sua poetica.
A cura di Alessandro Scotti
Ciao Massimiliano. Per prima cosa ti chiedo se gli strumenti che si sentono sul tuo ultimo disco sono stati suonati tutti da te…
Quasi tutti. Dei quasi trenta strumenti presenti sull’album, solo tromba, flicorno, mellofono, violino e flauto traverso sono suonati da altri musicisti.
Perché canti in inglese e non in italiano come la gran parte dei musicisti italiani odierni?
Per non essere compreso immediatamente. L’arte deve essere innanzitutto mistero.
Ti senti un artista in quanto divo o in quanto uomo tra gli uomini?
Johann Sebastian Punk costituisce proprio la parodia del divismo, mette in scena un tentativo goffo di spettacolarizzazione immaginale malriuscita. La musica italiana oggi si muove sul terreno dell’esaltazione della medietà, della compenetrazione tra artista e pubblico, e i nuovi divi hanno l’immagine delle persone comuni. La mia sfida era proprio esaltare questa contraddizione.
Come proponi il disco live? Quanto conta per te la dimensione dal vivo?
Lo stravolgo totalmente, perché suoniamo in tre un disco che meriterebbe un’orchestra. Con me ci sono il Maestro Filippo La Marca alle tastiere e Luca Anello alla batteria. Inutile dirti che è il miglior live in circolazione, solo che non lo sa nessuno perché nessuno ha il coraggio di saperlo. La bellezza fa spavento.
Quanto spazio ha l’improvvisazione in studio e dal vivo per te?
Scrivere d’improvvisazione mi dà sempre meno brividi rispetto all’improvvisare di scrittura. Dal vivo lo spazio lasciato all’improvvisazione è moltissimo, è così che concepisco il live, non salirò mai sul palco sapendo esattamente cosa accadrà e cosa suonerà ognuno di noi. La musica deve vibrare di vita, di casualità, di imponderabile.
Cosa ascolti di solito? Nuove uscite o vecchi classici? O entrambi?
Un tempo seguivo moltissimo le nuove uscite, adesso molto poco e mi affido a dei fidatissimi informatori segreti. Nella musica di oggi sento poca novità, mentre c’è musica del passato ricca di spirito pionieristico. Ed è troppa, quindi mi dedico principalmente a quella riscoperta del nuovo, piuttosto che alla scoperta di un vecchio che di più nuovo ha solo la data di uscita.
Perché c’è un pezzo samba nel tuo disco appena uscito? Ascolti altro oltre al rock? Se sì, avrà un impatto maggiore di oggi sulle tue prossime opere?
Perché Johann Sebastian Punk è un viaggio tra i linguaggi, senza timori, senza regole precise, e quelli dell’America Latina sono da sempre stati un mio pallino e dubito che in futuro potranno essere estromessi dal mio personale linguaggio.
Stai già pensando al prossimo disco? Come sarà?
Il prossimo sarà probabilmente qualcosa in italiano. Sono stufo di musica italiana così scarsa. La nostra tradizione merita un buon disco. Lo faccio io.
Hai un management o sei fortemente DYI anche per la parte “business”?
Faccio tutto da solo. Un management non mi dispiacerebbe. Da soli, dicendo sempre ciò che si pensa senza filtri, senza fare politica e senza leccare il culo, non vai da nessuna parte. Ho bisogno di qualcuno che lo faccia per me, io sono inabile a certe pratiche.
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.