Le Goat Girl sono quattro ragazze della zona sud di Londra, al debutto su Rough Trade Records e next big thing per la stampa anglosassone. Nate due anni fa, hanno debuttato con il singolo a due facce Country Sleaze / Scum, grazie al quale si sono presentate sul suolo britannico come novità assoluta capace di riportare ai vecchi fasti il grrl power fra chitarroni violenti, bad attitude e videoclip sgradevoli (guardare per credere quello, basato sullo sputo, di Scum).

Ad aprile 2018 le Goat Girl tornano sulla scena discografica con il loro full lenght d’esordio omonimo: diciannove tracce grezze, estremamente british e soprattutto molto interessanti. L’album parte con l’intro strumentale horror Salty Sounds, per sfociare subito nell’anthem politico anti tories (i conservatori inglesi, per chi non lo sapesse) Burn The Stake e nel post-punk gipsy con tanto di violino di Creep, in cui le nostre sembrano dei Libertines al femminile più devote ai Fall che agli Smiths. È poi il turno della marziale Viper Fish, dell’inframezzo infernale parlato A Swamp Dog’s Tale e della deliziosa melodia catchy di Cracker Drool, basata su un basso country ed una ritmica sintetica.

Slowly Reclines è Pete Doherty che fa le Babes in Toyland, The Man With No Heart Or Brain un punk schizzato. Il garage di The Man apreallo strumentale metropolitano Moonlit Monkey. Lay Down è una bucolica, ma sghemba, ninna nanna, I Don’t Care Pt.1 e Pt.2 sono filastrocche rumoristiche, Hank’s Theme uno strumentale horror per pianoforte. Tocca poi alla morriconiana Throw Me A Bone, al blues strumentale da incubo fra Tom Waits e Captain Beefheart Dance Of Dirty Leftovers e alla doppietta da cui tutto cominciò: la scheggia punk Little Liar e il già citato grunge inglese di Country Sleaze. In chiusura la ballad Tomorrow. Un lavoro originale, che apre a un futuro sicuramente luminoso (almeno in ambito punk / alternative) per le Goat Girl.

Andrea Manenti