Sono passati due anni da “Presto”, il terzo album di Luca Galizia a firma Generic Animal. Quello era un album maturo e personale, che tracciava una via italiana alla black music di stampo Frank Ocean. Sono passati due anni e una pandemia mondiale, e il giovane artista varesotto torna con un disco altrettanto maturo e personale, ma notevolmente diverso. In “Benevolent” i numi tutelari sono i Pavement e il loro stile alternative sghembo, senza comunque rinnegare le influenze soul, hip hop e trap che in Italia fin troppo spesso sono lasciate a personaggi che con la musica hanno purtroppo poco a che vedere.

Questo quarto album è innanzitutto il frutto del lavoro di una band (infatti anche dal vivo Generic Animal suona con il gruppo già dallo scorso anno). I testi vertono su riflessioni emotive di vita, drammi forse irrisolti, sul presente e un possibile futuro, bastoni e paure. Si inizia con l’autobiografica Piccolo, manifesto della direzione rock presa in questo lavoro. È poi il turno di Incubo, con quel suo riff iniziale quasi grunge (e come dimenticare la vecchia collaborazione con un Ketama126 con tanto di t-shirt dei Nirvana nella versione acustica di Rehab?), mentre la già nota Lifevest gioca mirabilmente fra una ritmica rap e un’armonia pop rock.

Clermont parte come un Branduardi sotto acido per poi avvicinarsi pian piano a certe soluzioni che in Italia sono state esplorate solamente dai Verdena. Ed è proprio Valvonauta, con il suo epocale «sto bene se non torni mai», a venire in mente nella successiva Aspetta e nel suo «forse è meglio che non torni più». Bastone è la hit rock che mancava ancora al nostro, Riverchild uno stralunato strumentale fra i Blur post brit pop e i Nine Inch Nails più sperimentali dell’EP “Further Down the Spiral”. La tripletta finale esplora nuove forme di cantautorato sconosciute alle nostre lande: So, Paura di e Recinto sono quindi fresche e accattivanti. Uno dei migliori progetti musicali italiani contemporanei. Bravo, molto.

Andrea Manenti

 

Foto di copertina: Guido Borso