Giunto al quinto album, Generic Animal è ormai il marchio di fabbrica di un pop cantautorale e sghembo, codificato nell’arco di appena sei anni.

La melma acerba in cui tutto nacque con il primo omonimo disco è lontana, forse ancora più lontane sono le influenze del mondo trap di cui si cibava il secondo “Emoranger”. Più vicini, invece, gli ultimi due “Presto” e “Benevolent”, di cui “Il Canto dell’Asino”, fra ritmi hip hop, cantutorato unplugged, schizzi di chitarra elettrica alla Pavement e richiami al mondo della black music (soul o jazz che sia), è figlio diretto.

Luca Galizia, questo il vero nome dietro al progetto, non aggiunge quindi nulla alla formula, ma lavora di fino per rendere i tredici nuovi brani una massa fortemente omogenea e riconoscibile per chiunque abbia già amato in passato la sua opera.

Citiamo almeno il finale “sonico” di Zero, la dolcezza toccante di Bobby Ballad, le metafore di Trampolini («tutti quei sogni altro non eran che trampolini, mi son tuffato di testa e ho preso forte uno spigolo»), l’ossimoro di 27 («in questo futuro passato in pigiama»), il ritornello che ti si ficca nel cervello di Eric che fai? e l’irresistibile duetto con Marta Del Grandi in Karaoke. Niente di nuovo, dicevamo, ma quanta classe.

Andrea Manenti