Lisergico, ludico, sovversivo, cibernetico, corrosivo. Fluo e abbagliante, ma anche onirico e meditativo. Meravigliosamente caotico, romanticamente nichilista. Il blues come tormento dell’animo, il glitch come sofferenza del software. I Bud Spencer Blues Explosion introducono così “Next Big Niente”, il loro nuovo album uscito il 27 ottobre per La Tempesta.

Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio tornano a cinque anni di distanza da “Vivi muori blues ripeti”, e lo fanno con dieci tracce sorprendenti in cui il loro blues cambia d’abito più di una volta, come passasse dall’onirico e stratificato scenario di un film a un altro. Metà delle tracce sono strumentali, mentre l’altra metà è costruita attorno a testi ermetici in stile Verdena.

Alcune di loro camminano a braccetto, sono metà speculari e simbiotiche di coppie di canzoni. È il caso dei primi due singoli, Vandali e Stranidei, entrambi distorti e allucinati, il primo impreziosito dal violino di Stefano Tavernese, il secondo uno sporco bando-blues scritto sulle fondamenta di uno “scarabocchio socio-spirituale”.

Medioriente e Miku五 formano un altro dittico, un viaggio tra scenari robotici e surreali e la chitarra di Viterbini che canta in giapponese. Insynthesi è l’ultimo singolo, più solitario, un post-rock ritmato e lisergico. Big Niente apre la tracklist, e come i migliori incipit contiene il segno di tutto ciò che avverrà nei brani successivi. Sabroso Tapas Bar è il punto tra il primo e il secondo tempo: “una pausa, come quando ci si ferma di fronte a un quadro o a un paesaggio fuori alla finestra”. Il titolo è un omaggio al nome di un bar molto caro ai BSBE.

C’è anche il tocco di Umberto Maria Giardini, che firma il testo di Come un raggio, forse la traccia con le sonorità più vicine alle canzoni del 2018. L’album è un’esplosione di immagini radioattive, proprio come nella cover di Familia Povera. Ogni suono schizza via misterioso e inaspettato, e il trip provocato dall’ascolto corrisponde a una frenetica libertà creativa in fase di scrittura.

Da parte nostra possiamo dire di aver affittato per qualche giorno uno stanzone con delle belle finestre da cui potesse entrare la luce, riempirlo di giocattoli vari e registrare quello che ci è venuto al momento, senza starci a pensare su. Poi il tempo è passato e abbiamo cominciato a distruggere tutto, aggiungere, cogliere l’istante, buttare, ripensare, sorprenderci, in isolamento e assieme, in un garage o in un’enoteca, con giochi di effetti e sparpagliamento di voci e musiche che ci giravano nelle orecchie, fino all’ultimo minuto. In questa musica non importa cosa raccontiamo, quello che conta è la capacità di creare forme, immagini e figure senza forzare la mano. Andare oltre i muri del suono. È andata così: banale o non banale, vero o falso, successo o fallimento, ingenuità o furbizia: chi se ne frega. In orbita.

Un album così potevano regalarcelo solo Viterbini e Petulicchio, due musicisti incalcolabili e visionari che ancora una volta sono in grado di sfaldare i generi, sporcarli e ricostruirli con personalità. Viva loro e viva il blues.

Mattia Sofo

 

 

Non perdete l’occasione di vederli sul palco nel tour organizzato da DNA concerti:

11/11 – OGR Club, Torino
24/11 – Urban, Perugia
25/11 – Locomotiv, Bologna
01/12 – New Age, Roncade (TV)
02/12 – Rockplanet, Cervia (RA)
03/12 – Santeria Toscana 31, Milano
07/12 – Spazioporto, Taranto
08/12 – Mercati Generali, Catania
09/12 – Mood Social Club, Rende (CS)
15/12 – Druso, Ranica (BG)
17/12 – Viper Theatre, Firenze
21/12 – Monk, Roma

 

Foto di copertina: Simone Cecchetti