Se non consideriamo lo strumentale “Winter Is for Lovers” del 2020 e il secondo album collaborativo con l’armonicista Charlie Musselwhite ( “No Mercy in This Land” del 2018), era addirittura dal 2016 che non avevamo un vero album a firma Ben Harper. A voler essere pignoli, il bellissimo “Call It What It Is” era un lavoro frutto della collaborazione con la sua band della vita, The Innocent Criminals, mentre quest’ultima fatica è solo e unicamente di Harper, il quale sembra divertirsi a jammare con se stesso suonando tutti gli strumenti.

“Bloodline Maintenance” contiene due anime: una più politica (perfettamente incarnata dall’anthem We Need to Talk About It, ottimo incrocio tra il Ben Harper della vecchissima Oppression e quello della più recente title track di “Call It What It Is”) e una più intima, triste e personale, in questo caso venuta a galla in seguito alla prematura scomparsa dell’amico di una vita e compagno di band Juan Nelson, morto a soli 62 anni lo scorso anno.

Dopo l’incipit con il coro a tre voci (cantate tutte e tre dallo stesso Harper) Below Sea Level e il già nominato futuro classico We Need to Talk About It , il disco mostra per l’ennesima volta tutte le qualità dell’artista di Pomona, dal mix fra tradizione (la solita splendida slide) e “novità” (lo scratch dei piatti mescolati al sax del finale hanno un sapore decisamente “Jazzmatazz”) di Problem Child, al pop d’autore di Need to Know Basis; dal soul da pelle d’oca More Than Love al blues rockabilly Knew the Day Was Comin’, alla conclusione acustica della spettrale ballad Maybe I Can’t. L’ennesima conferma di un grandissimo narratore della musica americana.

Andrea Manenti