Ogni tanto una buona notizia: i folli non si sono estinti, esistono ancora, e i Fucked Up, band canadese d’impostazione punk-hardcore, ne sono la prova. “Dose Your Dreams” è infatti un unicum nel panorama musicale odierno. Doppio album, diciotto canzoni, ottantadue minuti. Un concept che, riprendendo Joyce e il suo Ulisse, cita anche il passato della band nel personaggio di David, protagonista assoluto dell’acclamatissimo “David Comes to Life” del 2011, punto massimo di una carriera ormai quasi ventennale.

Damian Abraham regala come al solito la sua voce roca e potente. La band esplora parecchi generi musicali, tutti con la giusta grinta. Varie voci, per lo più di artisti semi-sconosciuti (ma fra questi c’è anche quella di J Mascis dei Dinosaur Jr.) partecipano al progetto. A sprazzi si può sentire un sax capace di destreggiarsi fra aritmie no-wave ed epicità springsteeniana, in molti pezzi è gradito l’elemento elettronico. Insomma, i Fucked Up hanno fatto le cose decisamente in grande.

Il pianoforte apre soavemente al trittico iniziale None of Your Business ManRaise Your Voice JoyceTell Me What You See: hardcore di scuola Hüsker Dü fra velocità punk e ottime melodie. Normal People, il primo singolo estratto, rilegge il Lou Reed della classica There Is No Time in modo esaltante, mentre da qui fino alla fine del primo disco si apre una sequenza di brani improntati all’elettronica: da citare almeno la cattivissima House of Keys, che prende a pieni mani da una band come i Ministry e soprattutto la conclusiva title track, omaggio manco troppo velato alle atmosfere techno pop del capolavoro dei Primal Scream, “Screamadelica”.

Il secondo disco si apre con l’hardcore di scuola newyorkese fra i Sick of It All di Step Down e gli Agnostic Front di Gotta Go, per poi lasciare spazio a uno dei migliori anthem punk degli ultimi anni: I Don’t Wanna Live in This World Anymore. Dall’alto i Ramones sorridono. Altro gioiello è lo shoegaze di How to Die Happy o la violenza di Mechanical Bull, in cui un Trent Reznor luciferino fa a pugni con i Fear Factory di “Demanufacture”. Came Done Wrong, anche grazie al già citato intervento di Mr. J Mascis, è cristallino alt-rock americano di tre decenni fa, mentre la conclusione affidata a Joy Stops Time riesce a far convivere stupendamente la sperimentazione electro con la classicità del rock e l’urgenza del punk. Un lavoro coraggioso e “fottutamente” bello.

Andrea Manenti