Siamo nel 2014, alla Brighton University, e tre ragazze poco più che ventenni stanno lavorando al loro prossimo progetto per la scuola d’arte: l’idea è quella di formare una “fake girl band” e registrare dei pezzi per poi esibirsi in una galleria d’arte. Da quel momento ebbe inizio la storia di Rakel Mjöll, Alice Go e Bella Podpadec, rispettivamente voce, chitarra e basso delle Dream Wife.
Trasferitesi a Londra dopo essersi laureate, il progetto del trio si evolve, secondo le parole di Podpadec, “meditando sul sognare in grande ed essere una donna”. Il risultato è uno sfogo pop-punk energico nel quale si affrontano apertamente e con durezza temi come femminismo e cultura dello stupro.
Il loro album d’esordio contiene 11 tracce nelle quali è possibile riconoscere, oltre ai chiari rimandi punk, sonorità rock dei primi anni 2000, come in Let’s Make Out, Hey Heartbreaker, Kids e Fire, che sembrano rendere omaggio agli Yeah Yeah Yeahs e agli Strokes.
Somebody si fa portavoce delle donne con un messaggio forte e chiaro riguardo l’autonomia del corpo, così come in F.U.U., traccia post-punk esplosiva e rabbiosa nella quale le parole vengono scagliate come lame affilate. Nel complesso il risultato è un glitter punk rock divertente, nel quale sembra aleggiare la scritta “Riot Grrrls Just Wanna Have Fun”.
Stefano Sordoni

Mi racconto in una frase: A mio agio nel disagio
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica: Circolo Magnolia (Milano), Santeria Toscana 31 (Milano), Circolo Ohibò (Milano).
Il primo disco che ho comprato: Jamiroquai – Travelling Without Moving
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Beatles – White Album
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: Ascolto musica da sempre, in qualsiasi situazione, costantemente. Mi piace creare delle playlist adatte per ogni situazione. Ricordo quando da bambino si affrontavano viaggi interminabili verso il Sud della Puglia, nella vecchia Simca di mio padre: facevo ascoltare a ripetizione una sola cassetta, “Money for Nothing” dei Dire Straits, la mia preferita tra quelle presenti in auto e soprattutto quella che per me era diventata la colonna sonora dell’inizio delle vacanze estive. Ricordo anche la mia tristezza quando un giorno mio padre mi disse che il nastro si era incastrato nel lettore, rovinandosi definitivamente e inesorabilmente. Col senno di poi forse aveva semplicemente rotto le palle.