“Five Dice, All Threes” è il bellissimo ritorno al folk dei Bright Eyes. Abbandonate le derive psichedeliche e a tratti elettroniche del precedente “Down In The Weeds, Where The World Once Was”, Conor Oberst, accompagnato dai fedeli Mike Mogis e Nathaniel Walcott, torna infatti a esplorare il genere che lo ha sempre accompagnato almeno fino al finto addio arrivato dopo “The People’s Key” del 2011.
Non si pensi però a canzoni stringate con il solo accompagnamento della chitarra acustica. Gli arrangiamenti dei Bright Eyes sono sempre ricchi e incisivi, fra trombe, archi, banjo, pianoforte e chitarre distorte. Le canzoni in sé non sono affatto da meno. Il primo singolo, Bells And Whistles, è caratterizzato da un incedere che ne fa un classico fin dal primo ascolto e da un irresistibile incipit con fischio e xilofono. El Capitan è una marcetta irrefrenabile, mentre l’eterea All Threes gode della collaborazione di Cat Power.
Da citare anche la botta punk di Rainbow Overpass, che per tre minuti riporta alla mente i migliori Neutral Milk Hotel, l’inno anti religioso I Hate, l’alt-coutry di Trains Still Run On Time, il commovente duetto con Matt Berninger dei National in The Time I Have Left e la conclusiva Tin Soldier Boy, con quel ritornello da cantare a squarciagola.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman