Se è la prima volta che vi approcciate al mondo dei Black Pumas, il mio suggerimento è di stare attenti. Il nome aggressivo e l’immagine del duo formato da Eric Burton e Adrian Quesada tende infatti a far immaginare al futuro ascoltatore un progetto rock, duro e ribelle. In verità il nume tutelare dei giovani texani non è tanto Jimi Hendrix, ma Marvin Gaye. Allo stesso modo, per suggerire qualche rimando fra i contemporanei, i Black Pumas sono più simili ad Anderson .PaakGnarls Barkley, piuttosto che a Fantastic Negrito.

Al secondo lavoro in poco meno di un lustro, i Black Pumas hanno perfezionato il loro sound regalandoci un disco di black music contemporanea (ma con più di qualche sguardo al passato) di grandissimo livello. Ci sono i singoloni in formato ballad-rock-soul come More Than a Love Song e Chronicles of a Diamond e canzoni più ballabili e meno impegnative come Ice Cream (Pay Phone), Mrs. Postman ed Hello.

Angel  è una perfetta ballata seventies style con tanto di cori gospel, mentre il black western di Sauvignon non starebbe per niente male come colonna sonora di un film di Tarantino o di un libro di Joe R. Lansdale. La tripletta conclusiva è quella in cui i nostri azzardano un po’ di più: c’è infatti l’eterea Tomorrow, con solo spaziale alla Maggot Brain, l’organo hard rock anni Settanta un po’ psichedelico di Gemini Sun e l’irresistibile refrain pianistico di Rock and Roll. Un’ottima conferma.

Andrea Manenti