Milano, venerdì 4 novembre 2016
Scendere le scale del Rock’n’roll di Milano è un po’ come cambiare mondo. Un attimo prima sei in un pub per vecchi bikers metallari, le casse mandano “Cottone eye Joe” e la gente divora tranquilla panini accompagnati da boccali di birra. L’attimo dopo sei nel mondo cupo di Linoleum, sei praticamente finito in un buco nero, il fumo ti avvolge e se solo la sala fosse più grande ti perderesti. Le pareti sono interamente tappezzate di adesivi, scritte e fogli da riviste di giornali. Io decido di godermi il live accanto a un Marilyn Manson.
I primi a calcare le scene sono i Deux Alpes, progetto elettronico che vede la collaborazione tra Gido, tastiere e programming degli Evacalls, ed Edoardo, drum pad dei Victoria Station Disorder. Prevalenza di basse frequenze e vocalizzi modificati per quello che è un elettro pop su cui si può ballare, ma la sala è ancora mezza vuota, nessuno si presta e le danze non partono. Sul finire della loro esibizione qualcuno chiede il bis (che onore direi!), ma i tempi stringono e tutto quello che ai due vien da fare è quel gesto d’apertura delle braccia che traduce “Non è colpa nostra ragazzi, non c’è tempo e questo bis non s’ha da fare!”. Peccato!

Plastic Light Factory
Segue, dopo un completo cambio di strumentazione, l’esibizione dei Plastic Light Factory, giovane trio lombardo dalle influenze britpop che ci presenta il suo nuovo EP “Hype”. La band è composta da Moritz Meyns, voce e chitarra, Alessandro Belletti al basso e Andrea Zanini alla batteria. La loro attitudine è prettamente british e il loro aspetto vintage è nostalgicamente aggrappato ai primi anni duemila. A dirla tutta, vista la copertina del loro Ep, mi aspettavo che qualcuno di loro indossasse una pelliccia sintetica animalier. Invece no, si presentano meno vistosi ma comunque non sono di quelli che passano inosservati, anche solo a vedere il foulard rosso al collo che resta pur sempre un pugno in un occhio! Ma ascoltandoli si capisce perfettamente che il loro è un mandare al diavolo la moda, un fregarsene di quello che passa ora alla radio (anche se li abbiamo visti in rotazione su MTV con il video del loro brano “Robyn”) e un richiamo, non nuovo ma comunque attuale, a quello che i grandi dell’indie rock britannico sono stati fino al decennio scorso. Sarebbero bastate un’acustica migliore e qualche nota meno stonata per apprezzarli al meglio.

Klune
Con la terza ed ultima band ad esibirsi siamo nuovamente catapultati in altre atmosfere. A concludere i live ci sono i Klune, trio padovano reduce delle selezioni di X Factor, composto da Alberto Pagnin, Giulio Abatangelo e Giovanni Solimeno. I Klune hanno appena pubblicato il loro primo EP e l’euforia, legata a questo avvenimento e palesemente impressa nei loro volti, si concretizza nelle richieste, da parte della voce della band, rivolte al pubblico. Per richieste si intende espressioni, testualmente citando, del tipo “Bella raga, su le mani!”. Dunque, la notte è oramai arrivata e il pubblico è carico, dagli musica house ed è subito disco party! Non vi dico la delusione poi nell’udire le parole “Raga facciamo il nostro ultimo pezzo, si chiama Hope!”. Ma i giovani non perdono mai le speranze e fanno bene! Alla fine del live infatti vi è la svolta! La pedana di Linoleum lascia il posto ad una simil-Lotteria Italia, un fortunato giovine dal pubblico si aggiudica i due EP delle band appena viste dal vivo. Beato lui!
Marilena Carbone

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.