Dopo un inizio spiccatamente originale, servito a delineare il sound e conclusosi più o meno nel 2001 con la pubblicazione di “Souljacker”, gli Eels, il progetto formato da molteplici personalità da sempre al servizio del genio naif di Mark Oliver Everett alias Mr. E, hanno rimpolpato una discografia possibile da dividere in due rami differenti: uno più rilassante e riflessivo (dove l’apice è forse “Tomorrow Morning” del 2010), e un altro dannatamente più rock’n’roll (che non fa altro che rileggere all’infinito la grinta e la ballabilità del capolavoro del 2009 “Hombre Lobo”).
“Extreme Witchcraft”, quattordicesimo album in studio per gli Eels, appartiene al secondo ramo. Semplice lavoro di routine, quindi? Forse. Ciò non toglie che l’ascolto di canzoni uscite dalle sapienti mani di Mr. E sia sempre e comunque un vero piacere, e che stare fermi diventi praticamente impossibile. Si parte con l’omaggio agli Who dell’iniziale Amateur Hour (e proprio degli Who era la cover di Out in the Street con cui gli Eels aprivano i concerti dell’ultimo tour), si continua poi con il singolo bluesy Good Night On Earth e con la beatlesiana Strawberries and Popcorn. Steam Engine torna ai Fifties riletti attraverso un mood più garage, Grandfather Clock Strikes Twelve tributa l’indimenticato Prince (anche lui coverizzato nell’ultimo tour con Raspberry Beret), Stumbling Bee è una dolce ballad per piano rhodes.
La seconda parte del disco si apre con The Magic, una botta fra lo stoner e la psichedelia, mentre la successiva Better Living Through Desperation è il brano che i Queens of the Stone Age non sono più capaci di scrivere. So Anyway è un’ottima rappresentazione della nostalgia, What It Isn’t mescola una strofa sixties con un ritornello quasi industrial, Learning While I Lose è un’allegra filastrocca. La conclusione è affidata all’efficace rock sexy di I Know You’re Right. Siamo sinceri. Da un album del genere si può seriamente rimanere delusi?
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman