Dopo averci deliziato con il tanto acclamato “Sex And Food”, a soli sei mesi di distanza gli Unknown Mortal Orchestra pubblicano con la casa discografica Jagjaguwar un altro album, “IC-01 Hanoi”.
Nato da una jam session live durante le sessioni di registrazione di “Sex And Food” e affiancati dal musicista locale Minh Nguyen e da Chris Nielson, padre del cantante Ruban, il disco prende il titolo dalla città di Hanoi, capitale del Vietnam e appunto luogo di registrazione degli ultimi due album.
Le sette tracce, tutte strumentali, sono intitolate in ordine numerico da 1 a 7, come catalogate, quasi a volerci far concentrare sul risultato complessivo di quanto prodotto e non su un singolo pezzo, a identificare un album dove il tutto è più della somma delle singole parti.
“Hanoi 1” parte forte e prepotente, come il riff di chitarra che la caratterizza, mentre “Hanoi 2” prende una svolta completamente diversa sbalzandoti in uno stato onirico, dove il ritmo è regolare e il riverbero incessante. “Hanoi 3” è caratterizzata da un flauto vietnamita che trasporta l’ascoltatore verso quei luoghi, racchiudendo armonicamente il mondo nel quale gli UMO vivevano quando l’album è stato registrato.
Da qui in poi il disco muta e diventa più instabile, affidandosi alla contrapposizione dell’elettronica con le strumentazioni vietnamite, creando sempre più una sensazione di ansia e disagio nell’ascoltatore come in “Hanoi 4” o “Hanoi 5”, nel quale il suono del flicorno del padre di Nielson è accompagnato da un ritmo irregolare e fuori tempo.
“Hanoi 6” è il singolo di debutto dell’album, pubblicato circa un mese fa, e forse l’apice del disco. Con una durata di quasi 10 minuti, la canzone è un’impresa epica che si inerpica in un frenetico squillare di corni e tamburi nella quale sullo sfondo riecheggia un loop continuo. Dopo l’esplosione dell’assolo di sassofono di Nielson, la canzone ritorna ad un ritmo più rallentato e sommesso. Chiude l’album “Hanoi 7”, traccia tetra e strisciante che lascia con un certo senso di inquietudine.
“IC-01 Hanoi” è un caleidoscopio di suoni e strumenti non sempre easy listening ed esplora molti generi – dal funk al jazz, dalla psych a quello rumorista – ben legati tra loro.
È una scelta coraggiosa quella degli UMO, soprattutto durante il loro periodo di maggior successo popolare, ma Nielson, vero leader del progetto, si dimostra ancora una volta un’artista visionario e poliedrico che si rifiuta di attenersi ai parametri di un singolo genere, ma spinge la propria creatività al di là di ogni confine stilistico.
All’ascoltatore spetta solo di navigare a modo suo attraverso sette tracce che non danno punti di riferimento, lasciandosi trasportare, sentendo ciò che prova, viaggiando attraverso le emozioni.
Stefano Sordoni
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.