Il Todays festival mi ha attirata quest’anno a Torino grazie a una line-up che poco aveva da invidiare ai numerosi festival che si sono succeduti per tutto lo stivale quest’estate. Era anche un’ottima scusa per tornarci, nella capitale sabauda, dopo esattamente 10 anni. Per questo motivo sono arrivata in città il giorno prima, per riappropriarmi di ricordi sbiaditi e seppiati, come le cartoline che si spedivano, ormai più di un secolo fa, ai parenti lontani per gli auguri di qualsiasi tipo.
DAY 1

M83 protagonisti della prima giornata
L’accoglienza clamorosa mi ha impedito di dormire tutta la notte, quindi per il primo giorno del Todays ero pimpante come il bucato appena uscito dalla centrifuga. Ciò nonostante l’aria musicale che si prospettava fin dall’inizio ha costituito la fonte di energia principale per affrontare l’apertura dell’evento, cominciato con Pugile e le sue note fascianti.
Lo Spazio 211 non è propriamente un luogo facile da raggiungere per i visitatori occasionali che ignorano le linee di trasporto urbano a Torino. Certo non è molto distante da Porta Palazzo, 3 km circa. E tutto il festival è stata una lunga passeggiata di andata e ritorno, lungo strade che non avevano nulla di urbano fino alle Olimpiadi Invernali del 2006, o almeno è quello che mi è stato raccontato dai ciceroni indigeni. Ogni volta che si è raggiunto il locale, nella tre giorni, è stato come raggiungere una terra promessa, che le promesse le mantiene.
Dopo Pugile, il primo giorno, le performance di Niagara, molto più coinvolgenti dal vivo che su disco, almeno per me, di Iosonouncane, accompagnato dalla band, crudo e graffiante come una scheggia di ghiaccio che ti taglia un dito e di M83, più pomposi e sfarzosi nei suoni che mai, hanno decretato una specie di rianimazione dallo stato confusionale indotto da mancanza di sonno.
Solo un antipasto musicale. Subito dopo c’era Calcutta, che sicuramente ha tenuto un ottimo show al Museo Ettore Fico, a circa 700 metri dallo Spazio 211, ma non posso confermarvelo. Raggiunto il posto, era sold-out, gonfio, un po’ come tutti i suoi show di quest’estate. Peccato, perchè avrei voluto sentir cantare astanti diversi dai romani, come mi era capitato già un paio di volte nella capitale, mesi prima.
DAY 2

Jesus and Mary Chain
La verità è che non voglio sciorinare la lista delle performance viste sui palchi del Todays in questi tre giorni, ma provare a raccontarvi le sensazioni. Torino, orfano del Traffic, anche per scelte politiche decisamente non lungimiranti e per niente attente a quelle che possono essere le varie forme culturali con cui cibare i propri cittadini, continua a impegnarsi per creare situazioni non semplicemente belle, ma che creano un indotto di passaggi extraterritoriali che non solo possono portare potenziali entrate alla città, ma lasciare il desiderio di tornare e quindi creare economia sul medio lungo raggio. Sono solo considerazioni a rigor di logica, lungi da me voler fare analisi socio-economico-culturali puntali e scientifiche. Anche perché, diciamocelo, è un discorso così banale che stentano a recepirlo la maggior parte delle grandi città italiane, come per esempio la capitale. E in ogni caso sono in grado di fare il paragone con altre situazioni europee, Barcellona in primis, col suo Primavera Sound, supportato da ogni colore di giunta, ormai da oltre un decennio. Certo, poi ci sono altre situazioni che si spengono, come l’ATP, ma voglio dire, nulla è per sempre, e se non ci si prova neanche col sostegno delle istituzioni, allora smettiamo subito di sognare.
Detto questo, Torino sembra invece una città che non vuole rinunciare a fare, oltre che a sognare, e la seconda edizione del Todays rappresenta un ottimo esempio. Nell’ultimo fine settimana d’agosto ha voluto ospitare “giovani vecchi”, “vecchie glorie”, “novità ascensionali”, “nuovi classici” destinati a futuri culti. Ecco perché se venerdì ci siamo fatti coinvolgere nelle memorie visive di John Carpenter, in un set che di “storico” aveva ben poco, se non i visual delle pietre miliari cinematografiche del nostro regista/music performer, sabato è stato normale sentirsi esaltati, perché avresti ascoltato dal vivo The Jesus and Mary chain, personalmente mai visti prima, partita con poche aspettative, ma alla fine soddisfatta e grata. C’era forse poco cuore sul palco (come se conoscessimo a fondo il cuore di chi suona…), ma i ricordi mischiati a quelle canzoni, suonate finalmente dal vivo di fronte a te, canzoni che hanno strutturato la tua adolescenza e la tua cultura musicale, non possono che aver lasciato sensazioni positive addosso.
E ancora, i Soulwax, per carità, non che non si vedano in giro da lustri (penso all’altra loro “definizione sociale” di 2manydjs), ma performance dal vivo con 3 batterie (giusto per citare un dettaglio) e l’adrenalina anche ore dopo la fine del set, non sono cose comuni a molti.
E badando bene a non voler essere il critico musicale assolutista (che sa tutto lui e legge e giudica il sentire altrui), tutto il contorno della giornata, con Stearica, Giuda e Motta nel pomeriggio e I Cani, pre set belga, hanno solo creato un brodo primordiale di gioia musicale adatto ad un target di pubblico più che trasversale, senza contare le dance-hall di elettronica di raccordo e chiusura di un sabato lunghissimo.
DAY 3

Elio Germano e Teho Teardo
Resuscitare il terzo giorno non è cosa da tutti, come potete immaginare, eppure credo sia successo a molti di quelli che hanno tirato fino alle 4, la notte precedente all’Ex Fabbrica Incet. L’offerta di domenica del Todays s’è aperta con la performance di Elio Germano e Teho Teardo e la loro interpretazione di “Viaggio al termine della notte”. Ok, lo ammetto, non l’ho visto a Roma (lì dove sarebbe stato più naturale vederlo, al Teatro Valle Occupato, ennesimo esempio di amore di una città nei confronti della cultura. Sono caustica, per chi non avesse capito…), ma sotto il sole più cocente di questa estate, di fronte a quelli che i miei ciceroni torinesi hanno chiamato Docks Dora, sotto una struttura quasi scalcinata, che sarebbe dovuta essere non so cosa, nel mezzo di un giardinetto pubblico, senza possibilità di ripararsi dal sole arrabbiato delle 4 di pomeriggio.
Sdraiati all’ombra di una colonna, dopo circa 45 minuti di ritardo (il palco era sotto un sole asfissiante, quasi pericoloso per la pressione dei performer credo), è partita la catarsi indotta dalle note dei musicisti e la splendida interpretazione di dissociazione multipla di personalità di Germano. Inaspettato forse all’interno di un festival musicale? Io direi piuttosto complementare. Almeno tre scrosci d’applausi e poi di corsa allo Spazio 211, per le ultime ore di musica.
Tra gli altri, quelli che aspettavo di più erano Brian Jonestown Massacre col loro guru Anton Newcombe e i Goat. Ovviamente non i soli artisti dell’ultima parte del cartellone, che includeva anche Victor Kwality, ottima scoperta dal vivo, Local Natives, non particolarmente coinvolgenti per la sottoscritta, ma i gusti sono gusti, e Crystal Fighters che, arrivati all’ultimo momento nel pomeriggio (il bello della diretta…) hanno fatto ballare la massa di gente dell’ultimo giorno, facendo però anche storcere parecchio il naso ai fan della prima ora.
Certo, il fatto di far suonare I BJM prima di Local Natives e Crystal Fighetrs m’ha lasciato un po’ interdetta, sebbene il tramonto accompagnato dalle loro note psicotrope sia stato un gran bel momento. Ottima invece la scelta di far chiudere tutto il festival agli svedesi di Korpilombolo. Soggettivamente, la performance più esplosiva delle tre che ho avuto la fortuna di vedere dal vivo finora.
Concludo con poche altre considerazioni e un augurio. Sarò sicuramente ripetitiva, anche usando parole diverse. In Italia ci sono moltissime persone di buona volontà (perchè molto spesso o non sono pagate o sicuramente sono sottopagate) che vivono tutto l’anno solo per poter vedere progetti ed eventi come questi prendere vita per pochi giorni. Persone che ancora credono che le proprie passioni possano diventare un lavoro vero. Sarebbe bello che fossero supportate o valorizzate, ma chiedere questo implicherebbe una rivoluzione totale nell’assetto delle priorità della nostra nazione, purtroppo. Che almeno però non si remi contro questa buona volontà, queste passioni. Per questo mi auguro di ritrovare il Todays Festival anche l’anno prossimo.
Elisabetta De Ruvo

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.