“L’ultimo”, manco a dirlo ultima prova discografica del quartetto torinese dei Titor, è una bomba ad orologeria scoppiata in nove schegge vaganti, i nove brani che compongono questo album, il primo per la band realizzato dopo il trasferimento in Francia del leader Sabino Pace che ne ha contribuito alla creazione tramite l’invio dei testi prima e la registrazione degli stessi poi.
I Titor li conobbi circa un lustro fa in occasione dell’album tributo a Ivan Graziani uscito per XL di Repubblica, disco all’interno del quale i nostri si cimentarono con quella che a tutt’oggi rimane una delle canzoni più crude e vere del rock italiano: “Motocross”.
…e crudi e veri è come ritroviamo i Titor a ben quattro anni di distanza dalla precdente prova “Rock is Back”, ancora una volta puri cattivi e genuini come poche realtà in Italia. Sabino e soci sono dei Ministri senza velleità elettroniche, dei Litfiba senza l’estetismo di un Pelù, dei Rossofuoco senza l’animo cantautorale, dei Negazione senza un’impronta punk così caratterizzante, dei Linea 77 senza esterofilia: sono rock, rock e basta, senza fronzoli né deviazioni.
La loro è una formula vecchia e che piace e lo si può sentire in tutti e trentaquattro i minuti di cui è composta quest’ultima fatica: dalla botta iniziale di “AL.D.LA” a quella conclusiva di “Come-copie-di-copie” passando attraverso i ruggiti, i cori, l’energia ed il sudore di brani quali il singolo “Je m’accuse!”, la preghiera laica “Novecentonovantanove” o la nostalgia de “Gli anni della voglia di morire”.
Un grande ritorno.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.