Stephen Bruner ha solo trentacinque anni, ma con la musica ci ha già giocato in ogni modo possibile. Nato come bassista dei Suicidal Tendencies, collabora poi con Erikah Badu, contribuisce a creare il capolavoro “To Pimp a Butterfly” di Kendrick Lamar, lavora con Kamasi Washington. Ha però anche tempo di pubblicare ben quattro album con lo pseudonimo Thundercat.
Se la sua crescita è stata legata ad un modo folle di intendere la musica almeno fino al precedente “Drunk”, un lavoro talmente eterogeneo da risultare quasi zappiano, con questa ultima opera il musicista californiano, pur non rientrando in alcun calibro commerciale, riesce comunque nell’impresa di risultare molto piacevole all’ascolto e contemporaneamente di stupire l’ascoltatore con la sua miscela di tutto ciò che la black music ha saputo produrre in un secolo di esistenza.
Si parte con l’introduzione soul soft di Lost In Space / Great Scott / 22-26, per poi entrare subito nel vivo del disco con la successiva Innerstellar Love, fra il jazz e l’urban sound, e con l’impazzita rincorsa dalle ritmiche hardcore di I Love Louis Cole. Black Qualls mischia il funk di James Brown alle nuove sonorità di Childish Gambino (ospite del pezzo), Miguel’s Happy Dance è elettronica danzante, How Sway un entusiasmante sfogo di basso, Funny Thing dance d’autore con un wah wah mozzafiato. Overseas ci fa volare sopra oceani e continenti.
Eccoci quindi al singolo Dragonball Durag: si balla, si gode con l’assolo di sax, si canta. How I Feel è un intermezzo dark, quasi blues nell’animo, e serve a dare spazio all’atmosferica King of the Hill. Unrequited Love ha un’anima hip hop benché musicalmente sia puro jazz, Fair Chance vive di un 4/4 in grado di cullare in tranquillità l’ascoltatore, Existential Dread ha venature quasi acoustic-rock. La title track è posta alla fine a concludere un viaggio psichedelico e bellissimo.
Un album tecnicamente impeccabile, ma non stucchevole. Già destinato a diventare un classico fra i patiti più attenti del mondo black a stelle e strisce.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman