Ho da ascoltare l’album omonimo dello Studio Murena. Mi hanno detto che «è una jazz band particolare, vedrai…». Premo play. Non si capisce un cazzo. Mi pare che questa sia la definizione di jazz. Dopo poco però mi rendo conto che non è una jazz band, ma una hip hop jazz band. Avete capito?
Una.
Hip hop.
Jazz band.
Ed è spiazzante. È un cortocircuito per il cervello. Le sinapsi ascoltano e rimangono spiazzate: «Oh ma che è ‘sta roba?». «Boh? Io pensavo fosse la lavastoviglie accesa…». Poi si guardano un paio di minuti mentre continuano ad ascoltare e dopo un po’ si aprono in un sorriso: «Oh però… Mica male, ve?!». «Cazzolina si! Diversa da qualsiasi altra cosa sentita prima! Andiamo a mettere un’etichetta nuova nell’archivio cerebrale».

Ti stai quasi abituando a questo nuovo paradigma musicale, quand’ecco che lo Studio Murena in un paio di versi ti cita pure Dante in un rap duro e arrabbiato dalle rime luminosissime, ma sempre adagiato sul jazz. Ma che cazzo si sono inventati ‘sti geni? Tra l’altro ti trascinano per atmosfere diversissime, alcune a tinte forti, altre più cupe. A tratti accarezzano la trap, per poi piroettare su ritmi completamente diversi, magari arrivando quasi al rock nella medesima traccia. Ma ragazzi che figata!

Lo so, forse sto vomitando troppi complimenti sperticati in maniera leggera, ma è come quando prendi due cose che tra di loro non c’entrano nulla, tipo Nutella e prosciutto crudo, e scopri di aver appena creato la merenda perfetta che Cracco per cortesia mettimi in ordine il cassetto dei calzini e con quelli spaiati fammici una decorazione natalizia.

Voglio fare un attestato di stima sincero allo Studio Murena: quest’album è la roba più diversa e innovativa che abbia ascoltato negli ultimi anni. Può piacere di più o di meno a seconda dei gusti, ma è oggettivamente innegabile che siamo di fronte ad un oggetto quantomeno raro, curioso, all’avanguardia. Futurismo marinettiano here we go again!

Marco Improta

 

Photo Credit: Maltese / Pompilli / Paoli