Gli Algiers sono una di quelle realtà nate ortodosse, completamente dedite alla propria natura istintiva e ribelle, poi diventate un universo multiculturale capace di condensare in una sola opera varie influenze musicali e umane. Un po’ come i Clash, che dall’esordio omonimo arrivarono a “Sandinista”, oppure più recentemente come Kendrick Lamar, che dal capolavoro rap “Good Kid, M.A.A.D. City” passò in pochissimo tempo alla sintesi perfetta della black music in “To Pimp a Butterfly”.
I due nomi non sono stati citati a caso. Gli Algiers, infatti, come i primi sono nati da una dirompente scintilla punk per approdare a un melting pot sonoro di rara eleganza, e come il secondo sono giunti a un magnifico riassunto di quello che la black music ha rappresentato in passato e continua in modo differente a rappresentare al giorno d’oggi.
“Shook” è un gulasch piccante i cui ingredienti sono il rock barricadero di MC5 e Stooges (73% e A Good Man), Rage Against The Machine e At The Drive-In (sentitevi l’esplosivo singolo Irreversible Damage, con quel riff che sembra provenire dalle corde di Rodríguez-López e l’inconfondile voce strozzata di Zack De La Rocha, l’originale), l’elettronica atmosferica e a tratti danzante dei Depeche Mode e quella estrema e industrial dei Nine Inch Nails (elemento già aggiunto nel precedente “There Is No Year”) e soprattutto l’hip hop, la vera novità apportata in casa Algiers. Ne sono una conferma i tanti feat. del disco (ben dieci su diciassette pezzi) e l’utilizzo di vari skit (Cleanse Your Guilt Here, As It Resounds, Comment #2, All You See Is…, Born).
Aggiungiamoci poi un pizzico di melodie mediorientali (Cold World), vari inserti di sax che spaziano dal free allo smooth jazz, tanto tanto soul (anche grazie all’immensa voce del leader Franklin James Fisher) e il piatto è servito, abbondante e gustosissimo. “Shook” è il primo vero capolavoro di questo 2023: chapeau!
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman