Gli Algiers sono una band dinamitarda. Il loro obiettivo, sin dalla nascita, è la rivoluzione. Prendete gli MC5 e trasportateli nel nuovo millennio: molto probabilmente avrebbero suonato come cinque anni fa suonava l’esordio della formazione di Atlanta. Un lustro dopo, arrivati al terzo tassello di carriera, gli Algiers non hanno perso un briciolo della loro energia, sebbene abbiano sicuramente cambiato il loro sound, diventato più elettronico e cupo. Il risultato è comunque esaltante e lo è proprio nel suo essere agghiacciante, freddo nelle sonorità, bollente nello spirito. Franklin James Fisher non rinnega le sue radici soul, l’anima e la passione sono ancora più che presenti, tuttavia le mette al servizio di un rumore bianco e tetro fra i Depeche Mode e lampi puramente noise.
There Is No Year dà inizio alla battaglia con un ritmo asfissiante e una melodia vocale semplicemente esaltante. Dispossession è la lotta cruda e sanguigna, il brano più caldo e vitale del lotto, che porta direttamente all’incendio della civiltà nella successiva Hour of the Furnaces, durante la quale i nostri danzano come se fossero posseduti davanti al fuoco, alle sue fiamme.
Nella notte si ripensa al giorno, alla sua energia vitale, e ci si perde in una stanchezza pennellata con leggere ritmiche tribali: questa è Losing Is Ours. La mattina è però vicina, il risveglio è speranzoso e carico nelle turbinose danze di Unoccupied e Chaka, geniale nel suo mix fra Michael Jackson e il free jazz. Wait for the Sound è estenuante, vorrebbe scoppiare, trasformarsi in pura violenza. Ma non è ancora tempo, bisogna aspettare, essere pazienti sebbene il rischio sia quello, ancora una volta, di smarrire la lucidità. È proprio questo che capita in Repeating Night, che trasporta l’ascoltatore in un buco nero dal quale è difficile uscire (We Can’t Be Found). È così che il destino ci costringe a vivere una vita arida, quella descritta nella conclusiva Nothing Bloomed.
Man mano che l’album giunge alla sua fine, la carica rivoluzionaria si trasforma in pessimismo esistenziale dark. C’è ancora speranza? Probabilmente sì, quella che risiede nell’arte, e gli Algiers sanno sicuramente come trattarla.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman