Hai poco più di 14 anni e tramite un amico di famiglia entri in possesso di un album del 1969 registrato live, la cui seconda traccia inizia con l’intro urlato più iconico di sempre: “Kick Out the Jams Motherfuckers!”. Ti innamori di quella potenza, di quello spirito tanto ribelle quanto poche altre volte nella storia della musica, registrato e consegnato all’eternità. Rintracci quindi ogni album della formazione in questione, sono solo altri due, quindi non ci metti poi molto.
Nel frattempo cresci e scopri tanto altro, dagli Stooges al movimento punk del ‘77, dal metal alle creature rivoluzionarie di Dennis Lixzén, Refused e The (International) Noise Conspiracy, dal crossover dei Rage Against The Machine a certo rock’n’roll svedese. In tutto questo ritrovi la fiamma che ti aveva acceso il cuore prima ancora che ti crescesse una vera e propria barba.
È il 2018 e il possessore del marchio MC5, Wayne Kramer, decide di festeggiare i primi cinquant’anni della sua creatura con una serie di show sparsi per il globo. Sei a Milano, accorri, veneri, ti esalti e sei felice.
È ormai il 2024, hai quasi trentasette anni ed è febbraio quando leggi la notizia: Kramer è passato a miglior vita. Scende una lacrimuccia.
È ancora il 2024, ma questa volta è ottobre ed è appena uscito il testamento di Kramer. Il primo album dal 1971 a nome MC5. Ascolti, gioisci. Tredici canzoni, un’eterogeneità di generi unita da quella stessa fiamma che ti ha immolato al mondo del rock qualche decennio prima. Sì, poi ci sono gli ospiti… e che ospiti! Tom Morello, Slash, Vernon Reid, William Duvall pagano il loro tributo con rispetto e senza alcuna mania di protagonismo. Non ce n’è bisogno, d’altronde se stai partecipando alle ultime registrazioni degli MC5 la storia la stai già facendo a prescindere.
Riff schiacciassassi (la title track, Black Boots, I Am the Fun (The Phoney)), r’n’r politico (Barbarians at the Gate), soul psichedelico che oggi potrebbe far venire in mente gli allievi Algiers (Change, No Change), rock stradaiolo (The Edge of the Switchblade, Twenty-Five Miles, Boys Who Play with Matches), fantasmi degli Stones (Because of Your Car, Blessed Release), la batteria dell’altro grande ex, morto a maggio sempre quest’anno, Dennis Thompson (Blind Eye, Can’t Be Found), un po’ di funky con tanto di sax mooolto free (Hit It Hard).
Finisci l’ascolto, schiacci repeat. Ancora e ancora e ancora.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman