Quando si arriva intorno ai trent’anni le amicizie cambiano e le pance aumentano, per uomini e donne, per motivi diversi. Per le seconde negli ultimi tempi tra le mie conoscenze, molte hanno atteso l’arrivo di bellissime bambine sotto gli auspici di un augurio che pronuncio sempre, con fortunati esiti, “speriamo che sia femmina”. Questa è una frase che mi riempie di dolcezza, perché, come spesso accade, i film con cui siamo cresciuti sono quelli a cui si vuole più bene. Nel 1986 Monicelli raccontò una storia di donne, che mia madre (dalle idee femministe) mi fece vedere quando ai film preferivo Lady Oscar, e fu amore, soprattutto per le attrici che popolavano quella storia, anche perché della trama non capivo granché.
“Speriamo che sia femmina” è la storia di un matriarcato, di un gruppo di donne unite da un casale (magnifico) della bassa Toscana, che fa da palcoscenico ad una complicità dolce che con gli eventi diventa forza e potenza. Un ritratto malinconico, agrodolce, con tanti personaggi che si inseriscono nei caratteristi che hanno spesso popolato i film di Monicelli, ma descritti con un’introspezione ed una delicatezza molto particolari. La colonna sonora è bellissima, scritta da Nicola Piovani, di cui trattiene le malinconie e diventa un altro personaggio del film.
Questo è forse il film più internazionale di Monicelli, anche per le dive che lo popolano, Catherine Deneuve e, soprattutto Liv Ullmann, centro della storia (e come non avrebbe potuto essere, è un’icona vivente), negli abiti di Elena, matriarca malinconica e indebitata. C’è poi B. Blier, che recita uno dei personaggi più dolci della commedia italiana, lo sfortunato e bizzarro zio Gugo. Fu girato in inglese e francese, poi doppiato (e si sente, purtroppo) e, come pochi altri film di quel periodo, ebbe una grande produzione internazionale. Vinse di tutto in Italia, dove però si fermò, purtroppo, senza portare oltre i nostri confini la bella storia di complicità e coraggio femminili, dove gli uomini sono imbranati o bellocci accessori di contorno. Come una favola toscana, come un sogno, anche “Speriamo che sia femmina”, visto oggi ha i contorni di un cinema che non c’è più, con una poetica autoriale che non si riesce più a recuperare in Italia, con quella profonda leggerezza, l’amarezza e la qualità che hanno fatto grande la commedia italiana fino agli anni ’80.
Il Demente Colombo

Nome e Cognome: Demente Colombo
Mi racconto in una frase: strizzacervelli con un cuore di cinema
I miei 3 locali cinema preferiti: Anteo, Apollo, Silvio Pellico di Saronno.
Il primo disco che ho comprato: Cross Road (Bon Jovi)
Il primo disco che avrei voluto comprare: Tapestry (Carole King)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: Quando sono triste guardo Zoolander e il mondo mi sorride.